La chiesa di Sant’Elia a Messina: i miracoli durante la peste, le monache contro i Borboni e lo strano evento che respinse i fascisti

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La storia della Chiesa di Sant’Elia a Messina, capace di resistere alla peste, ai terremoti, ai Borboni e alla minaccia fascista: aneddoti e curiosità sull’edificio dedicato al compatrono della città peloritana

Se vi chiedessimo di spiegare “che cos’è una chiesa”, sicuramente il primo collegamento sarebbe con la fede. Del resto, una chiesa è un luogo consacrato al culto cristiano, un edificio sacro in cui viene professata la fede, la dimora in cui una comunità si ritrova per professare la propria religione. In pochi collegherebbero, a primo impatto, una chiesa ad un luogo depositario della storia dell’uomo. A ben pensarci, le chiese sono spesso edifici vecchi di centinaia di anni, che hanno visto passare milioni di persone, hanno vissuto le fasi più importanti della storia moderna, hanno resistito alle calamità naturali. In esse sono contenuti manoscritti antichi, splendidi affreschi o sculture che fanno da ponte fra ciò che è stato ieri, ciò che è oggi e ciò che sarà domani.

A Messina è presente una chiesa davvero particolare, capace di resistere al terremoto del 1783 e a quello del 1908, alla peste della metà del 1700, alla rivolta contro la dominazione borbonica e anche alla violenza distruttrice della Seconda Guerra Mondiale. Stiamo parlando della Chiesa di Sant’Elia, appartenuta alla confraternita di Sant’Elia dei Disciplinati, congregazione fondata sui precetti di vita di San Francesco d’Assisi, avente il compito di diffondere gli insegnamenti francescani basati sull’amore, il rispetto verso il prossimo e il rifiuto del peccato. L’edificio costruito nel 1694 in stile barocco, con all’interno diversi affreschi dei Filocamo, racchiude in sé una storia lunga oltre 300 anni.

I miracoli durante la peste del 1743

L’edificio è dedicato a Sant’Elia, eletto compatrono di Messina nel 1743. La città peloritana stava passando un momento drammatico a causa dell’epidemia di peste che imperversava in ogni dove, provocando gravi danni e mietendo tante vittime. Si dice che grazie all’intercessione del Santo, nei dintorni della chiesa, diverse persone che avevano richiesto la grazia guarirono dal morbo della peste. Per questo motivo dal 27 luglio 1743 venne consentita la possibilità di professare pubbliche preghiere presso la chiesa di Sant’Elia, inoltre, come omaggio agli eventi miracolosi accaduti, il Senato cittadino dell’epoca istituì l’usanza di portare due ceri votivi al santo.

Le monache contro i Borboni

Un altro evento davvero particolare riguarda l’assedio di Messina del 1884. I cittadini insorti contro la dominazione borbonica vennero aiutati dalle monache  presenti nella chiesa di Sant’Elia durante gli scontri. Il loro intervento fu provvidenziale per evitare che la rivolta venisse schiacciata dalle truppe borboniche. Lo racconta il Fumia nei suoi scritti: “i soldati borbonici, prendendo d’assedio il monastero di Santa Chiara, sul piano Terranova, incominciarono a sparare sulle barricate erette dai cittadini, quasi sopraffacendoli: le monache, accortesi dell’imboscata, s’attaccarono alle campane per chiamare a raccolta il popolo, che, accorso in gran numero, poté sfruttare la posizione strategica di quelle fabbriche per dare addosso con la fanteria a quei facinorosi, i quali, soffrendo quel tiro al bersaglio, portarono a casa la pelle per l’intervento in loro favore, delle artiglierie della Cittadella che per un quarto d’ora bombardarono tutt’intorno, fino a che intervenne una fregata inglese, tacitandole”.

La minaccia della milizia fascista

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la città di Messina venne messa a dura prova dai bombardamenti. La chiesa di Sant’Elia venne però, miracolosamente, risparmiata, salvo qualche piccolo danno collaterale. La vera minaccia non arrivava con gli Alleati dal cielo, ma era costituita da una milizia fascista che voleva annettere l’area della chiesa, per questioni di ‘ordine pubblico’, abbattendo la struttura. Decisione che non venne mai messa in pratica poiché durante uno dei tanti bombardamenti, una bomba distrusse la caserma fascista presente nelle vicinanze. Le schegge impazzite rovinarono alcuni affreschi come quello raffigurante Mosè che fa scaturire l’acqua dalla pietra, ma nel complesso risparmiarono la chiesa che non subì ingenti danni strutturali, respingendo la minaccia fascista.

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