Vi spiego perchè il Ponte è un’opera d’arte che in realtà fa molta paura alla mafia

StrettoWeb

“Un’enorme colata di cemento da cui trarrebbe vantaggio soltanto la mafia”: le parole di Tomaso Montanari su La7 mi fanno inorridire. Sono bugie aberranti che indignano tutti i calabresi e i siciliani per bene. Il Ponte sullo Stretto, in realtà, fa paura alle mafie e sarebbe una straordinaria opera d’arte

Ieri sera mi ha molto infastidito ascoltare le parole di Tomaso Montanari in diretta TV su La7. Tra gli improponibili sorrisetti di Lilli Gruber, lo storico d’arte fiorentino ha detto che il Ponte sullo Stretto di Messina sarebbe “un’enorme colata di cemento da cui trarrebbe vantaggio solamente la mafia“. Nel suo delirante intervento, Montanari ha detto che “è difficile non avere un dibattito ideologico sul Ponte sullo Stretto, un grande feticcio ideologico. E’ il manifesto di un’economia di sfruttamento. Come si fa a portarlo su una zona sismica per eccellenza?“.

Incredulo di fronte a simili dichiarazioni, stamani ho dedicato qualche ora ad approfondire la figura di Tomaso Montanari. Chi è, che formazione ha, qual è il tipo di cultura che lo contraddistingue, perchè ha spazio in televisione su un argomento come il Ponte sullo Stretto e come mai arriva a dire cose così gravi, false e deliranti.

Ho scoperto che è nato a Firenze esattamente 50 anni fa, che è storico dell’arte e insegna arte moderna all’università, che Virginia Raggi lo voleva al Campidoglio come assessore alla cultura, che Luigi Di Maio lo voleva al MiBACT come Ministro ai Beni Culturali e che scrive sul Fatto Quotidiano dal 2018 dopo aver collaborato negli anni precedenti con Repubblica. Ho capito subito in quale materia è competente e quale è la sua identità politica; continua tuttavia a sfuggirmi a che titolo possa esprimersi sul Ponte sullo Stretto, sull’economia, sulla mafia, sulla Calabria e sulla Sicilia. Non so se neanche ci sia stato una sola volta in vita sua, in Calabria e in Sicilia. Conduce contro il Ponte una battaglia legata ad un evidente pregiudizio ideologico, mentre il Ponte di ideologico non ha proprio nulla: è una grande opera infrastrutturale strategica per il territorio, di quelle opere che sempre nella storia tutti i governi di tutte le civiltà e di tutte le ideologie hanno realizzato per il progresso sociale, culturale ed economico della loro comunità. Oggi il Paese più prolifico di ponti e grandi opere è proprio la Cina comunista, che cresce a ritmi forsennati proprio grazie alla realizzazione di infrastrutture a tappeto sul territorio.

Quando Montanari parla del Ponte come una “enorme colata di cemento“, vorrei chiedergli se – nella qualità di studioso dell’arte – ha mai considerato il David di Michelangelo un “enorme blocco di marmo“, il Teatro antico di Taormina un “grande ammasso di pietre“, o la Venere di Botticelli “una carriola di tempera rovesciata su un pezzo di straccio“. Perchè il Ponte sarebbe in realtà una straordinaria opera d’arte, una delle grandi meraviglie del mondo che richiamerebbe in Italia milioni di turisti da tutti i continenti per ammirarlo. Pensiamo al Golden Gate Bridge di San Francisco, al Ponte di Brooklyn a New York, al Tower Bridge di Londra, all’Akashi Bridge di Kobe, al Sydney Harbour Bridge in Australia, al Ponte delle Catene di Budapest o al Forth Bridge di Edimburgo: se si tratta in tutti i casi di grandi opere d’arte, non si capisce perchè soltanto il Ponte sullo Stretto debba essere considerato come una “colata di cemento“, uno dei materiali più utilizzati per tutte le grandi opere d’arte realizzate negli ultimi due secoli.

Ma l’aspetto più drammatico e tristemente rilevante delle parole di Montanari sono quelle legate alla mafia. “Solamente la mafia trarrebbe vantaggio dal Ponte“, ha detto lo studioso d’arte fiorentino su La7 fornendo l’ennesima gratuita ingiuria a Calabria e Sicilia che, evidentemente, Montanari non conosce affatto. Parla per stereotipi di argomenti di cui è totalmente ignorante, perchè altrimenti sarebbe ben consapevole che in realtà alla mafia il Ponte fa davvero molta paura. La mafia, infatti, brulica nel degrado economico, nella disperazione sociale, nella disoccupazione. Fare il Ponte significa strappare migliaia di lavoratori alle grinfie della criminalità, significa emancipare un territorio in cui la grande opera dello Stretto genererebbe un indotto straordinario di economia sana, pulita, scevra da ogni logica mafiosa. Significa togliere manovalanza alle cosche, significa incrementare l’interscambio e la comunicazione tra le forze sane della società calabrese e siciliana, che ovviamente sono la stragrande maggioranza.

Mi permetto di spiegare a Montanari come il Ponte in realtà fa molta paura alla mafia perchè sono un giornalista calabro-siculo. Sono nato a cresciuto in Calabria, ho studiato e mi sono formato in Sicilia, dieci anni fa ho fondato il giornale che ha unito l’informazione nello Stretto e studio da due decenni ogni aspetto del Ponte, da quello tecnologico a quello scientifico a quello economico, occupazionale, culturale e sociale. Mi sono laureato con una tesi sul Ponte sullo Stretto che è poi diventata un libro. Ho intervistato i più grandi protagonisti locali e nazionali della vicenda Ponte e mi sono procurato documenti che ho avuto modo di visionare e consultare su ogni dettaglio legato alla realizzazione della grande opera. Conosco molto bene, purtroppo, le tragiche dinamiche mafiose di questo territorio e credo – senza alcuna presunzione – di essere molto più preparato di Montanari sia sul Ponte che sulla mafia. Ecco perchè ritengo che l’unica verità che le televisioni dovrebbero rilanciare ogni giorno è che la mafia si nutre di disagio e sottosviluppo, mentre il Ponte porterebbe crescita e progresso.

I distruttori del Ponte, sempre e solo pseudo intellettuali di sinistra (autoproclamatisi tali), parlano a sproposito dello Stretto, di Calabria e di Sicilia, perchè ne disconoscono la realtà e le dinamiche. Parlano del Ponte offendendo due Regioni dalla civiltà gloriosa in cui oggi vivono 7 milioni di persone, il 12% degli italiani, considerati gratuitamente ignoranti, mafiosi e criminali. E lo fanno proprio i sostenitori dell’accoglienza tout-court, quelli che inorridiscono di fronte a chi fa notare che con i barconi di clandestini arrivano anche terroristi islamici; lo fanno proprio i fondamentalisti del politicamente corretto secondo cui non puoi dire negro o ricchione, non puoi più persino baciare Biancaneve che dorme neanche se sei il Principe Azzurro. E’ violenza, non è consensuale! Stupro! Disney al rogo. Per questi idioti del formalismo, però, tutto il perbenismo si infrange di fronte all’ideologia No Ponte e così, con uno schiocco di dita, così come se nulla fosse, calabresi e siciliani diventano mafiosi e delinquenti.

Pochi giorni fa la capogruppo di LeU in Senato, Loredana De Petris, ha detto che il Ponte sarebbe “un’opera faraonica destinata a collegare il vuoto con il vuoto“. Ma se il Ponte collegherebbe il “vuoto con il vuoto“, a cosa servono i traghetti di oggi? Lo sa De Petris che ogni giorno ci sono 12 mila pendolari che attraversano lo Stretto per andare a lavorare negli ospedali, nelle caserme, nelle scuole e università, negli uffici, nei supermercati e in qualsiasi altra attività dell’altra sponda? Lo sa De Petris che ogni anno d’estate e a Natale ci sono ore e ore di code su entrambe le sponde per turisti, vacanzieri e viaggiatori che vengono “dal nulla” per andare “nel nulla“?

E lo sanno i “No Ponte” che i traghetti inquinano molto più del Ponte, la grande opera più ecologica della storia? Lo sanno che la principale società di traghettamento nello Stretto è finita, appena pochi mesi fa, in amministrazione giudiziaria perchè considerata dai magistrati “permeabile alle infiltrazioni mafiose“? Sarebbe bastato leggere l’articolo dello stesso Fatto Quotidiano, il giornale di riferimento del nopontismo.

L’unico vuoto è quello della politica dei “No“, che sul Ponte ha già fallito: hanno governato tutto a Reggio, Messina, in Calabria e in Sicilia, a Roma negli ultimi dieci anni. Dovevano costruire le “altre priorità”, migliorare l’integrazione dello Stretto senza Ponte, avevano promesso flotte pubbliche e collegamenti mirati. Invece non hanno fatto nulla. Un disastro totale. E a dimostrare l’utilità strategica del Ponte, paradossalmente, sono stati proprio loro.

Non ci sono alternative, Ponte subito per lo sviluppo del Sud. Per combattere la mafia. Per lavoro, cultura, arte e tecnologia. Per la libertà.

Condividi