Mi piacerebbe spiegare al mondo perché, secondo me, Reggio Calabria è il posto più bello che esista. Mi piacerebbe visitare l’Italia, passare da Milano e Venezia, da Firenze e Roma, per poi tornare in riva allo Stretto ed ammirare il tramonto sui Peloritani e di fronte l’Etna, innamorandomi per l’ennesima volta di quella vista unica nel suo genere. Mi piacerebbe che ogni reggino amasse questa terra e la difendesse a tutti i costi. Mi piacerebbe che i giovani non scappassero da qui perché non c’è lavoro, ma trovassero la speranza e la voglia di sognare in grande. Già, perché è il sogno che aiuta a crescere e questa città ne ha proprio l’esigenza. “Aiutati, che Dio ti aiuta”, è vero, ma serve pure altro. Serve ad esempio una politica capace di dare una mano, che riesca ad offrire i presupposti per vivere una vita al passo coi tempi, che metta i suoi cittadini nelle condizioni di rispettare le regole e garantire i servizi essenziali al pari di quanto succede nel resto del Paese.
Foto StrettoWeb / Salvatore Dato
E’ iniziato ormai da diversi mesi il “secondo tempo” del Sindaco Giuseppe Falcomatà, tante sono le attese e la voglia di fare, ma al tempo stesso anche la necessità di cambiare quel diffuso malcontento che molti cittadini hanno espresso negli ultimi anni nei confronti dell’Amministrazione Comunale. Ne è passato di tempo dal 7 Ottobre 2020, giorno della cerimonia di proclamazione, e sicuramente un primo bilancio si può iniziare a tirare.
L’impressione intanto è quella di un Sindaco più maturo, che ha saputo invertire la rotta ed ammettere di aver sbagliato su certi aspetti. Ad esempio sul Waterfront e sul Museo del Mare di Zaha Hadid, un progetto ideato e lasciato in eredità dal “modello Reggio” di Scopelliti e già finanziato, ma che nel 2014 Falcomatà decise di bloccare. “Le opere non sono né di destra e né di sinistra”, ha riconosciuto il Sindaco all’inaugurazione del Waterfront. Le opere devono essere funzionali al territorio, e queste lo sono per Reggio Calabria, vogliosa di diventare una città aperta al turismo, magari crocieristico. Falcomatà è cresciuto da questo punto di vista, ha compreso – rispetto a 7 anni fa – che bisogna necessariamente essere pragmatici, che le questioni ideologiche e politiche possono essere accantonate in determinati momenti e per determinati scopi. Quelli di grande visione, come è senza dubbio il Museo del Mare di Zaha Hadid, che potrebbe in futuro regalare a Reggio la sede dei “Giochi del Mediterraneo”; ma come allo stesso modo è stata l’idea di proporre il Granillo come stadio per ospitare la finale di Champions League 2021, una proposta che ha sponsorizzato la città a livello internazionale e messo in evidenza l’aspetto migliore che questa terra e il suo popolo possono offrire: storia, cultura, ospitalità.
E’ questo il Falcomatà che piace, un primo cittadino ambizioso e lungimirante, in grado di alzare l’asticella e portare la città al pari delle altre, perché Reggio nulla ha da invidiare a nessuno. Così, mentre qualcuno ironizza scherzando sulla possibilità di tenere l’Eurovision 2022 all’Arena Ciccio Franco (ma magari!), ci si potrebbe mettere seduti al tavolo e ragionare per un attimo alla ricerca di un evento internazionale che possa essere ospitato. Sarebbe una pubblicità pazzesca al territorio reggino e la possibilità di esportare le sue immagini in tutto il mondo! Tutto si può fare, nulla è impossibile, se solo la politica ci crede davvero. Lo ha dimostrato Cateno De Luca con la questione baraccopoli: tanto si è battuto a livello regionale e nazionale, fino a quando non ha ottenuto i finanziamenti necessari per cancellare una vergogna storica per Messina. E Reggio con Messina potrebbero finalmente unirsi e creare quella che tutti, solo su carta, conoscono come l’Area Metropolitana dello Stretto, e mai diventerà realtà senza l’esistenza di un Ponte che colleghi le due sponde. L’infrastruttura per eccellenza, l’opera che toglierebbe le due città dalla mediocrità e dall’isolamento che le affligge, su cui però Falcomatà non si è mai espresso in maniera favorevole. Chissà, mai dire mai, ora che anche il Pd sembra aver modificato la propria visione sul tema, perché bisogna essere onesti e riconoscere che sul Ponte sullo Stretto sarebbe ora di smetterla di fare inutili dibattiti ideologici. Il Ponte è quanto più di sinistra possa esistere, perché unisce, perché crea uguaglianze, perché mette allo stesso livello una terra che soffre nei collegamenti, stradali e ferroviari. Sarebbe un volano incredibile per il turismo, le offerte di lavoro, gli investimenti, il commercio.