Messina e i suoi modi di dire: perché si dice “‘o buddellu di tram”? Quanto erano distanti le signorine del piacere…

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Perché a Messina si dice “’o budellu di tram”? Il significato dell’espressione legata alla storia delle case chiuse in città

Prosegue il viaggio di StrettoWeb alla scoperta dei modi di dire e delle espressioni più originali presenti nel dialetto messinese. Come abbiamo avuto modo di spiegare in passato, il dialetto, la lingua parlata dal popolo, conserva spesso parole o frasi che si riferiscono a usanze e costumi del passato: alcune sono sopravvissute fino ai giorni nostri, altre sono scomparse con il passare dei decenni e di esse resta traccia solo nella lingua volgare (del volgo, n.b.). A Messina esiste una particolare espressione “’o buddellu di tram”, complicata da decifrare anche a chi, ad esempio, abita dall’altra parte dello Stretto. Scopriamo insieme cosa significa.

Il significato dell’espressione “‘o buddellu di tram”

La frase “’o buddellu di tram”, letteralmente “al bordello dei tram”, viene utilizzata per indicare un luogo molto lontano, fastidioso da raggiungere. Il modo di dire si regge su due termini non casuali “bordello” e “tram”: in passato i bordelli, le case chiuse, erano situate vicino al capolinea del tram, luogo solitamente lontano dal centro città. Ecco spiegato dunque il fastidio di dover andare in un posto senza dubbio allettante, ma spesso complicato da raggiungere.

Le case chiuse a Messina: una storia antica, come il mestiere più vecchio del mondo

Il 26 ottobre 1432 venne autorizzato il primo bordello ad uso pubblico nella storia di Messina. Fu il Re Alfonso d’Aragona a rendere legale i postriboli, già presenti ma che esercitavano illegalmente: le prostitute, considerate al pari di scarti della società, erano costrette ad abitare in capanne fuori dalle mura della città. In epoca normanna e sveva l’adulterio era punito con il taglio del naso, un marchio infamante impossibile da nascondere: non venivano punite solo le adultere, ma anche le donne che prostituivano le vergine o le madri che vendevano le figlie. Federico II di Svevia punì anche gli abusi ai danni delle meretrici, i quali però dovevano essere provati così come doveva essere provata l’effettuata richiesta d’aiuto. All’epoca era anche consentito uccidere moglie e amante se scoperti durante l’adulterio, ma solo nell’immediato e senza indugi.

Nel 1500 le prostitute erano così classificate: “donna innamorata”, la mantenuta; “cortigiana”, colei che riceveva presso la propria casa nobili e benestanti; “meretrice”, colei che esercitava nei bordelli; “donna di cantonera”, la prostituta da strada. Durante il periodo borbonico, il 26 marzo 1819, il meretricio venne regolamentato come professione eliminando tutte le pratiche vessatorie che fino a quel momento erano presenti verso le prostitute. Le uniche regole alle quali dovevano sottostare erano: mantenere una certa decenza, evitare schiamazzi e non ricevere i clienti dopo le 3 di notte, ricevere periodiche visite dai sanitari.

Alla frase “Signorine, in camera!”, pronunciata dalle maitresse, le ragazze tornavano nelle loro camere con i clienti. I principali bordelli della città, disponibili in diverse aree e per differenti disponibilità economiche erano: “La Nasca” in via Torino, nel quale la marchetta era di 5 lire; alla “Giorgetti”, nei pressi della “Piccola Velocità” in via S. Cecilia, i prezzi erano un po’ più alti perché l’ambiente era più raffinato, così come nei casini la “Napoletana”, “Il Quarantatrè”, la “Miracoli” “La Chiave d’oro”, “Linda Romana”, “Fiorentina” e “Lola”. Chi invece non poteva permetterseli si recava in posti un po’ meno sfarzosi (a dirla tutta dei tuguri) come quelli “Areti a Cinta” (la via degli Orti di fronte alla caserma “Zuccarello”), “Stanze Napoli” in via Industriale e le “stanze Primavera” in via Maddalena angolo viale San Martino.

Attraverso una legge datata 19 settembre 1958, promossa dalla parlamentare socialista Lina Merlin, i bordelli dovettero cessare definitivamente la loro attività. La legge, tutt’ora in vigore, impose la chiusura delle case di tolleranza e introdusse i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

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