“L’acqua clorata delle piscine neutralizza il Coronavirus in pochi secondi”: l’ultima scoperta arriva da Londra, il Governo italiano valuta l’anticipo delle riaperture

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Secondo uno studio commissionato da Swim England, l’ente governativo inglese per gli sport acquatici, e dalla scuola di nuoto Water Babies, “la possibilità di contrarre COVID-19 dall’acqua delle piscine è trascurabile”

L’acqua clorata delle piscine potrebbe inattivare il Coronavirus in soli 30 secondi. E’ quanto si apprende da un nuovo studio condotto da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra, secondo cui i risultati suggeriscono che il rischio di trasmissione del Covid-19 nell’acqua della piscina sembra essere estremamente basso. Per giungere a questa conclusione, il team di ricerca ha analizzato l’impatto di diverse concentrazioni di cloro diluito in acqua sul coronavirus Sars-CoV-2, nel corso di uno studio commissionato da Swim England, l’ente governativo inglese per gli sport acquatici, e dalla scuola di nuoto Water Babies. Il Governo italiano si era già trovato in passato a dover smentire fake news sulla possibilità di trasmissione del contagio nelle vasche e tramite il sito ufficiale scriveva nell’apposita sezione delle Faq più frequenti: “i bagni in piscina o nelle vasche idromassaggio espongono all’infezione da nuovo Coronavirus? Falso. Non ci sono prove attualmente che il nuovo coronavirus possa essere diffuso all’uomo attraverso l’uso di piscine o vasche idromassaggio. E’ comunque sempre consigliabile assicurarsi del  corretto funzionamento ed effettuare un’adeguata manutenzione e disinfezione (ad esempio con cloro e bromo) di piscine e di vasche idromassaggio. Poiché la trasmissione del virus avviene tramite le goccioline respiratorie è sempre consigliabile mantenere la distanza di un metro tra una persona e l’altra”.

In Italia adesso c’è dunque grande, le piscine al chiuso era state infatti inserite tra le ultime attività a riaprire in questa nuova fase della pandemia. Secondo l’ultimo decreto dedicato alle riaperture, la data cerchiata sul calendario è il primo luglio, ma con queste nuove scoperte tutto potrebbe essere anticipato. Gli scienziati inglesi hanno determinato che deve avere una concentrazione di cloro pari a 1,5 milligrammi per litro di acqua, mentre il pH deve essere compreso tra 7 e 7,2. Il cloro è risultato tendenzialmente più efficace con un pH più basso. “Abbiamo eseguito questi esperimenti nei nostri laboratori ad alto contenimento a Londra”, ha dichiarato la professoressa Barclay in un comunicato stampa. “In queste condizioni di sicurezza, siamo in grado di misurare la capacità del virus di infettare le cellule, che è il primo passo della sua trasmissione. Mescolando il virus con l’acqua di piscina, abbiamo potuto dimostrare che il virus non sopravvive, il che significa che l’acqua non era più infettiva. Questo, insieme all’enorme fattore di diluizione delle particelle virali che potrebbero finire in una piscina da una persona contagiata, suggerisce che la possibilità di contrarre COVID-19 dall’acqua delle piscine è trascurabile”, ha aggiunto la scienziata.

Ai risultati di questo studio si aggiungono quelli di una recente indagine citata dal professor Guido Rasi, consulente del Commissario per l’Emergenza Coronavirus generale Francesco Figliuolo ed ex direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). “C’è uno studio norvegese, che segue osservazioni già fatte, in cui sembra proprio che il virus non resista oltre 20-30 secondi sulla superficie dell’acqua mentre si nuota per via del cloro. Quindi l’effetto sembra veramente confermato”, ha dichiarato il microbiologo dell’Università Tor Vergata di Roma durante la trasmissione di RAI3 Agorà. I dettagli della ricerca britannica “Inactivation of SARS-CoV-2 in chlorinated swimming pool water” sono stati caricati sul database BiorXiv in attesa della pubblicazione su una rivista scientifica.

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