Superlega, perchè il Bayern Monaco ha detto no: bilanci ok, ‘50%+1’ e rispetto delle tradizioni

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Perchè il Bayern Monaco ha declinato l’invito di entrare a far parte della Superlega? Solidità economica, regola del 50%+1 e rispetto delle tradizioni

La Superlega ha monopolizzato il dibattito nel mondo del pallone. Da quando nella tarda notte fra 18 e 19 aprile, 12 fra i principali club del mondo hanno deciso di fondare una nuova competizione con 15 posti assicurati ‘di diritto’ ai club più forti, ed un giro di denaro quasi tre volte superiore a quello della Champions League, si è assistito ad una vera e propria spaccatura. Le spagnole Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid, le italiane Juventus, Inter e Milan, le inglesi Manchester City, Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal e Tottenham sono state accusate di voler distruggere il sistema calcio pensando ai propri interessi economici. Nella lista delle big ci sono due grandi rifiuti che saltano subito all’occhio: il primo è quello del PSG, club di proprietà di Al-Khelaifi, recentemente eletto come membro del Comitato Esecutivo dell’UEFA, che ha dunque preferito evitare lo scontro; il secondo è quello del Bayern Monaco che avrebbe tratto solo grandi vantaggi economici da una risposta affermativa. Dunque perchè rifiutare?

Perchè il Bayern Monaco ha detto NO alla Superlega? Bilanci ok e niente spese pazze

Foto di Alexander Hassenstein / Ansa

Con la Superlega i club vogliono risolvere il problema dei debiti, la cui situazione è peggiorata in seguito alla pandemia, che ha danneggiato soprattutto i top club, i quali non hanno potuto contare sui tifosi allo stadio. Era comunque una cosa di cui si parlava da 10 anni, ma alla fine avevamo sempre deciso di mantenere il modello esistente. Abbiamo esagerato tutti con le spese, dobbiamo fare un calcio meno arrogante. La soluzione è ridurre i costi, non possiamo continuare a incassare pagando sempre di più giocatori e procuratori“. Karl-Heinz Rummenigge, CEO del club bavarese, ha riassunto in poche frasi il problema del calcio moderno.

Un sistema messo alle strette dai costi dei cartellini dei calciatori schizzati alle stelle, da stipendi faraonici tanto per i top player quanto per i calciatori di medio livello, dall’avidità dei procuratori che per muovere i giocatori da una squadra all’altra chiedono commissioni sempre più alte. Il Covid ha dato il colpo di grazia: Florentino Perez ha parlato di 5 miliardi persi dal sistema calcio durante la pandemia. Introiti spesso vitali alla sopravvivenza di club (anche grandi) in netta difficoltà economica. La cascata di milioni promessa dalla Superlega è stata vista dai 12 club dissidenti come un’occasione da non perdere. Il Bayern Monaco ha gentilmente declinato l’invito. Il bilancio dei bavaresi è sempre stato in ottima salute negli ultimi anni ed ha anche risentito in minor parte del Covid rispetto alle altre squadre.

Champions League Bayern Monaco
Matt Childs / Foto Ansa

Il Bayern Monaco si è concesso una sola spesa ‘folle’: 80 milioni per Lucas Hernandez, attualmente l’acquisto più costoso della storia del club. L’anno scorso, la squadra bavarese si è presentata in finale di Champions League con una rosa dal valore complessivo all’acquisto di circa 100 milioni (il PSG, altra finalista, ne ha spesi 250 per Mbappè, ndr), frutto di straordinari intuizioni e strategie di mercato: Lewandowski, Goretzka e Muller arrivati a zero; Alaba per 150.000 euro; Kimmich e Davies rispettivamente 8 e 10 milioni. Particolare l’attenzione verso il proprio settore giovanile e verso gli investimenti sui giovani calciatori. Un modello che interessa anche le altre due big del calcio tedesco come Borussia Dortmund e Lipsia, fucine di talenti pescati da semi-sconosciuti e rivenduti a peso d’oro per la gioia dei bilanci.

Perchè il Bayern Monaco ha detto NO alla Superlega? Regola del 50%+1 e rispetto delle tradizioni

Non siamo nella Superlega perché non vogliamo farne parte. Siamo contenti di giocare in Bundesliga, un business ‘pane e burro’, e in Champions League. Non dimentichiamo la responsabilità verso i nostri tifosi, che sono contro questa riforma, e verso il calcio in generale“. Sempre Rumenigge, una sorta di faro nella nostra analisi. L’attenzione verso i tifosi e le tradizioni del calcio tedesco, uno sport popolare nell’accezione del termine che ne segna un legame profondo con il popolo, non con la popolarità.

Foto di Lukas Barth-Tuttas / Pool / Ansa

Abbiamo citato prima il Lipsia, modello economico straordinario fatto di valorizzazione dei giovani e grandi plusvalenze, ma club più odiato di Germania. Il motivo? L’ingresso in società della Red Bull che ha preso una squadra delle leghe inferiori e le ha permesso, a suon di investimenti, di arrivare a giocarsi la vittoria nella Bundesliga. Il Lipsia ha cambiato nome, logo e colori sociali: secondo i tifosi avversari ha sacrificato la sua storia vendendosi ad una multinazionale per inseguire, attraverso i soldi, la gloria calcistica. Partendo da queste concezioni, si comprende il motivo del perchè calcio tedesco diffidi dalla Superlega. Il Bayern Monaco inoltre, come ogni squadra tedesca (Lipsia compresa, in quel caso è servito uno stratagemma per aggirarla), deve sottostare alla regola del ‘50&+1′, norma risalente al 1998 che regolamenta la partecipazione di una squadra al campionato solo se essa è governata per il 50%+1 da un consiglio di membri eletti direttamente dai tifosi, includendo i supporter nella vita della società e allo stesso tempo scoraggiando l’arrivo di investitori stranieri che possano mettere a rischio i conti, le politiche e le tradizioni del club.

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