Reggio Calabria, la Fondazione Mediterranea sul restyling di Piazza De Nava: “in tutti i testi di architettura si legge che l’opera da restaurare deve rimanere dov’era e com’era”

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Reggio Calabria, la Fondazione Mediterranea sul restyling di Piazza De Nava: “il progetto del Mibact si chiama restauro e riqualificazione: ma nei fatti rinnega il suo titolo per proporre un’impostazione completamente nuova della piazza che con il termine di “restauro” non ha nulla da condividere”

“Le affermazioni di qualche oscuro travet comunale sono suscettibili di confutazioni e precisazioni. Si cita il mostro sacro G. C. Romby a proposito della sua idea urbanistica di pedonalizzazione delle piazze come mezzo di fruizione di luoghi urbani arricchiti di spazi e giardini. A parte la considerazione che non è citando Padre Bergoglio che si diventa buoni cristiani o citando Freud che si diventa buoni analisti, quindi non è citando Romby che si diventa bravi architetti, la citazione è in astratto condivisibile ma assolutamente fuori luogo nel caso del progetto di restyling di Piazza De Nava. Non siamo, infatti, come inopinatamente viene affermato, in presenza di un luogo di per sé destinato a un inguaribile degrado e abbandono, quindi da demolire e ricostruire, bensì di fronte a un insieme coerente e coeso che solo l’incuria degli amministratori e l’inciviltà dei fruitori ha reso così come lo si definisce: quindi è semplicemente da restaurare e riqualificare”, è quanto afferma la Fondazione Mediterranea.

“Il progetto del Mibact – prosegue la nota- si chiama infatti “restauro e riqualificazione”: ma nei fatti rinnega il suo titolo per proporre un’impostazione completamente nuova della piazza che con il termine di “restauro” non ha nulla da condividere. Non è necessario essere architetti o urbanisti per capire cosa si intende oggi per restauro. Val la pena all’uopo ricordarlo ai travet comunali e tutti gli altri che, per interesse o per ignoranza, tentano di giustificare una delirante operazione di distruzione di storia cittadina e memoria collettiva. Come dicono a una sola voce i possessori di quella “scienza e coscienza” citata dalla prof.ssa Cagliostro, con il termine di restauro viene definita un’attività volta a garantire la conservazione di un’opera architettonica o urbanistica per una valorizzazione o riuso in linea con le sue peculiarità storiche. Svariate sfumature e varianti tecniche a questa forse troppo sintetica formula sono possibili ma, comunque, tutte convergono verso un punto fisso, ineludibile e indiscutibile: l’opera architettonica deve rimanere “com’era e dov’era”. Punto. In altri termini, coerentemente con il titolo del progetto, se si vuole essere professionalmente coerenti e corretti, l’assetto urbanistico e architettonico piazza De Nava deve rimanere così com’è, senza se e senza ma.

Peraltro c’è da ricordare che proprio la G. C. Romby, che è piaciuto citare ai travet comunali, si è sempre espressa in tal senso e non avrebbe mai avallato un restauro distruttivo, come quello che si vuol fare oggi a Piazza De Nava. All’uopo si suggerisce loro di dare un’occhiata agli atti dello storico convegno tenutosi il 17 marzo del 2009 in Firenze, nella cui Università la prof.ssa Romby ha insegnato Storia dell’Architettura, dal titolo “Città storica e sostenibilità”. In questo meeting scientifico Marco Romano, che non ha bisogno di presentazioni, ha appunto affrontato i temi di cui oggi si discute con la sua relazione “La città come opera d’arte: il restauro del suo passato e il disegno del suo futuro”. Solo un’occhiata, un piccolo sforzo, tanto per chiarirsi le idee su cosa si intenda oggi per restauro in architettura e urbanistica. Altra cosa è il termine “riqualificazione”, che ha un significato strettamente funzionale e sul quale si può essere ampiamente d’accordo: l’apertura del Museo all’esterno e la pedonalizzazione dei luoghi attigui comportano degli interventi che, se ben fatti, possono essere rispettosi dell’impianto storico e riqualificanti l’ambiente, rendendolo più fruibile e adattabile ad altre esigenze che non siano solo di passeggio o transito ma di ordinata fruizione di beni museali (ingiustificabile dimenticanza dei progettisti)”, conclude la nota.

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