Errori giudiziari e ingiusta detenzione, il triste primato della Calabria: a Reggio e Catanzaro record di indennizzi e risarcimenti

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“L’enorme, vergognoso dispendio di risorse pubbliche è solo un aspetto marginale del problema. Anche in presenza del più cospicuo indennizzo, il marchio indelebile sulla persona non si cancella e la dignità strappata”: è quanto afferma in una nota il deputato Enrico Costa (Azione) in merito alle ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari in Italia. Reggio Calabria e Catanzaro sono le città che detengono il record di spesa nel 2020

Ingiuste detenzioni ed errori giudiziari possono distruggere la vita e la dignità di una persona, incolpata ingiustamente di un reato che in realtà non ha commesso, e costano inoltre allo Stato italiano un’ingente somma di denaro che ogni anno viene elargita alle vittime di questi sbagli con i proventi delle tasse dei cittadini. Soltanto “nel 2020 l’Italia ha speso 46 milioni di euro”, è questa la denuncia di Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Azione, commentando i dati relativi al 2020, analizzati insieme all’associazione errorigiudiziari.com. Il tema è ormai molto dibattuto nel nostro Paese da diversi anni perché la giustizia rappresenta un settore di vitale importanza per ogni democrazia che si rispetti. Il corretto funzionamento dell’apparato burocratico rappresenta uno dei cardini fondanti, in grado di regolare compiutamente la vita ed i comportamenti dei propri cittadini. “Dal 1992 al 31 dicembre 2020 le persone indennizzate sono state circa 30.000, per un totale di 870 milioni di euro. A pagare è solo lo Stato: chi ha sbagliato continua indisturbato la sua carriera”, continua Costa e sono affermazioni che sicuramente dovrebbero far riflettere.

I numeri sono testimonianza del fatto che il problema esiste, è grave, va affrontato “per questo la prossima settimana sarà discussa alla Camera la mia proposta di legge che prevede che il provvedimento che riconosce la riparazione per ingiusta detenzione sia trasmesso automaticamente al titolare dell’azione disciplinare per le valutazioni di competenza. Inoltre si introduce una nuova e specifica ipotesi di responsabilità disciplinare per ’chi abbia concorso, per negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all’adozione di provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione”, afferma Costa.

I dati sono drammatici e soprattutto in Calabria. Al primo posto della terribile graduatoria dei casi di errori giudiziari nel 2020 spicca il distretto di Napoli con 101 casi lo scorso anno. Al secondo posto c’è il distretto di Reggio Calabria con 99 casi, poi terza Roma con 77 casi. Ma il record di spesa per i rimborsi dovuti alle ingiuste detenzioni nel 2020 è detenuto dai distretti di Reggio Calabria e Catanzaro, con rispettivamente 7.907.008 euro e 4.584.529 euro. Pur avendo meno casi di Napoli, quindi, gli errori calabresi sono più gravi e perdurano di più nel tempo. In terza posizione Palermo con 4.399.791 euro. Su base pluriennale Catanzaro è il primo distretto italiano per entità di indennizzi per ingiusta detenzione: soltanto negli ultimi 9 anni lo Stato ha versato quasi 51 milioni di euro. Il picco è stato nel 2018 con quasi 10 milioni e 400 mila euro. Dal 2012 a oggi, la Calabria ha assorbito più del 35% del totale degli indennizzi nazionali. I primi quattro importi più alti versati sono andati sempre e solo a Catanzaro e Reggio Calabria, in base a quanto si legge nei dati del deputato di Azione che cita l’associazione errorigiudiziari.com.

“Ma quale cifra può davvero risarcire il dramma personale di chi deve affrontare le conseguenze di una “Giustizia che sbaglia ed ammette di aver sbagliato”? Questo è il punto. L’enorme, vergognoso dispendio di risorse pubbliche è solo un aspetto marginale del problema. Anche in presenza del più cospicuo indennizzo, il marchio indelebile sulla persona non si cancella e la dignità strappata – davanti agli occhi della comunità, dei colleghi, dei propri cari, di un figlio – è estremamente difficile da recuperare. Con effetti traumatici soprattutto per le famiglie, che in molti casi ne escono distrutte. Ecco perché è così importante accendere i riflettori sul tema. Con questa lente di ingrandimento, potremo allora riconoscere alcuni sintomi di una grave patologia del nostro sistema processuale. Come non considerare che gli indennizzi per ingiusta detenzione in Italia, in termini di spesa e numero di persone indennizzate, sono fortemente disomogenei sul territorio nazionale? Abbiamo tribunali in cui le ingiuste detenzioni sono numerosissime e fori dove si registrano solo sporadicamente. Ma il tema ha molto a che fare anche con la lunghezza dei processi: ognuno di questi indennizzi avviene infatti generalmente dopo oltre 10 anni dall’ingiusta carcerazione subìta, perché la sentenza definitiva che accerta l’innocenza dell’imputato non arriva certo in tempi contenuti. Questo è forse uno degli aspetti più odiosi, perché nel frattempo la persona rimane esposta al pregiudizio e al sospetto. C’è poi la questione dell’abuso della carcerazione preventiva: non è un mistero che la misura cautelare venga utilizzata spesso per obiettivi diversi da quelli per cui è ammessa. Ma c’è un aspetto significativo che non possiamo trascurare: la responsabilità dei magistrati, di fronte a questi macroscopici errori, non scatta mai. Infatti, a differenza di quanto previsto dalla legge Pinto, il provvedimento di indennizzo non viene trasmesso al titolare dell’azione disciplinare per le valutazioni di competenza. Questo è un punto fondamentale e non formale: per tali errori finora ha pagato solo lo Stato; il magistrato che sbaglia non ne risponde. Occorre intervenire”, conclude Enrico Costa. E’ forse questo il punto più importante della nota del deputato. Ottenere un risarcimento per l’errore potrebbe risultare un palliativo dal punto di vista morale, ma può bastare ad una persona per riappropriarsi della propria vita e darle nuova linfa e vigore? Probabilmente no, perché se per i giudici un errore rimane un errore, per chi lo subisce può coincidere con un’esistenza distrutta ingiustamente.

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