Fontana del Nettuno, il Dio che protegge Messina “Signora dello Stretto”: la storia della statua tra verità e credenze popolari

StrettoWeb

Fontana del Nettuno, uno dei monumenti simbolo di Messina: oggi la statua originale del Montorsoli è conservata al Museo Regionale, quella situata in Via Garibaldi è una copia realizzata da Gregorio Zappalà nel 1856. Originariamente era rivolta verso la città, mostrando quindi le spalle al mare e a Reggio Calabria. Dopo il terremoto del 1908 la scultura è stata spostata e Nettuno venne posizionato in modo da rivolgersi con lo sguardo verso lo Stretto

La storia della città di Messina è sicuramente legata al mare e allo Stretto. Nei secoli gli abitanti del luogo hanno tratto le loro risorse più importanti così l’economia e la ricchezza si basò sul lavoro di pescatori, marinai e commercianti. Eppure, le leggende più antiche parlano dello Stretto di Messina come un’area non proprio ospitale per i naviganti. Le sue forti correnti, sovente causa di naufragi, diedero ispirazione al mito omerico (tramandato già nell’Odissea) di Scilla e Cariddi, due orrendi mostri marini che ne infestavano le coste e distruggevano le navi dei marinai. È a questa simbologia che si ispira un monumento conosciutissimo, uno degli emblemi della città di Messina: la Fontana del Nettuno. L’opera è stata realizzata da Giovanni Angelo Montorsoli (scultore toscano e stretto collaboratore di Michelangelo), dopo la nota Fontana di Orione collocata in Piazza del Duomo, su commissione del Senato cittadino. Conclusa nel 1557, l’artista fu affiancato nella realizzazione dall’abate Maurolico, autore di alcune delle iscrizioni latine; in questo caso la mitologia diventa allegoria della Città stessa, signora dello Stretto e vincitrice sulle insidie del mare. Anche lo stile sembra cambiare in vista di questo messaggio e lo fa con uno stile sobrio, solenne, con evidenti richiami al Michelangelo.

Foto Wikipedia

Protagonista assoluto è Nettuno, il Dio del Mare, riconoscibile dal tridente; ha il braccio proteso in avanti, lo sguardo all’orizzonte, la posa plastica e l’espressione ieratica ed imperturbabile; domina la struttura dall’alto del basamento su cui è posto, il cui bordo è ornato da mascheroni e conchiglie alternati. Purtroppo si tratta di una copia, un’eccellente riproduzione di Gregorio Zappalà nel 1856 per preservare l’originale, che oggi si trova al Museo Regionale: la scelta fu presa in conseguenza dei bombardamenti borbonici, durante i quali furono danneggiati il Nettuno e la Scilla. Sulla faccia frontale del basamento fa bella mostra di sé lo stemma imperiale di Carlo V d’Asburgo, caricato del collare dell’Ordine del Toson d’Oro e fiancheggiato dalle colonne d’Ercole, mentre gli angoli del basamento sono ornati dalle code di delfino di quattro cavallucci marini, che sporgono verso la vasca sottostante. Il dio Nettuno, come appena sorto dalle acque, calmo e invincibile, brandisce il suo temibile tridente e tiene incatenate ai suoi piedi le mostruose Scilla e Cariddi; è un’allegoria della forza fisica e morale della Città che doma le avversità. La fontana è costellata di iscrizioni, tra le altre la firma dell’autore presente in un’iscrizione incisa sul bordo della vasca di forma ottagonale. Rappresenta il buon governo, ai lati del Nettuno in basso si trovano i due mostri. Questo fece nascere però una storiella popolare circa la fontana, secondo cui la statua non raffigurava Nettuno, ma un mitico pescatore gigante, “lu Gialanti pisci”, che aveva deciso di catturare i due mostri marini per scommessa con dei pescatori calabresi. La statua avrebbe dunque volto le terga alla Calabria (inizialmente infatti era rivolta con le spalle al mare) per sbeffeggiare gli eterni rivali sull’altra sponda dello Stretto. Ma questa, ovviamente, è solo una leggenda… Di seguito il racconto leggendario tratto da Fiabe, leggende, racconti popolari siciliani Pitrè:

“Un tempo, dalle parti del Faro, passavano grandi bastimenti e nel mare vi era un bellissimo canto, talmente bello che i marinai si addormentavano: era il canto di due Sirene; una si chiamava Scilla  e l’altra Cariddi. In questo modo le navi affondavano tutte. Ora, c’era un gigante che fece una scommessa con i Calabresi che sarebbe riuscito a prendere le due sirene. Questo gigante era un soggetto brutto e sapeva nuotare come un pesce ed ebbe l’abilità di catturare le sirene. Per catturarle si fece mettere una campana in testa e si fece dare del pane e del formaggio, in quanto non sapeva quanto sarebbe rimasto sott’acqua, e si gettò in mare. Una corda, collegata ad una campana fuori dell’acqua, era a portata di mani del gigante, in modo che potesse avvertire che era vivo tirandola e facendo suonare la campana.

Incontrata Scilla, la sirena più bella, con una manovra veloce la incatenò; poi  incatenò per il collo e le mani Cariddi, in modo che non si potesse più muovere.  Quindi le portò piangenti in superficie, consegnandole ai messinesi,  immobili così come uscirono dal mare. La bravura del gigante fu talmente grande che i messinesi vollero fare una statua sia a lui sia alle due sirena.
Quando la statua fu finita, il gigante mise le mani sul fondo schiena e disse:
– Miei cari messinesi do’ il culo ai calabresi
Seppur sbeffeggiati, i reggini furono ugualmente contenti che il gigante avesse sconfitto le sirene, tanto che decisero di dargli in dono una specie di rendita. Dopo la costruzione della statua, il gigante visse ancora un po’, morendo, ancora, molto giovane, a causa del suo continuo sommozzarsi dalla Sicilia alla Calabria”.

Nel racconto è chiaro il riferimento alla maga Circe e alle Sirene, mentre lu Gilante non è Grifone, il mitico gigante nero di Messina, ma Nettuno. Originariamente la statua del Nettuno era rivolta verso la città, mostrando quindi il didietro al mare e a Reggio Calabria. Dopo il terremoto del 1908 la scultura è stata spostata e Nettuno venne posizionato in modo da rivolgersi verso il mare. Sono chiari, però riferimenti a Colapesce, sia per la morte prematura sia per l’attività natatoria nello Stretto. Inoltre, una particolarità è che delle tre più importanti e belle fontane monumentali dedicate a Nettuno, quella di Messina è la più antica perché completata nel 1557 rispetto ad il Nettuno del Giambologna a Bologna, che è del 1563 – 1566, e al Nettuno di Bartolomeo Ammannati a Firenze, del 1563 – 1577.

Condividi