E’ uno dei personaggi più importanti di Messina a livello culturale. E non per niente è a lui dedicata una delle vie più importanti della città, quella che ricongiunge centro storico e vie dello shopping, e un istituto scolastico. Stiamo parlando di Tommaso Cannizzaro, poeta, critico letterario e traduttore italiano nato nella città dello Stretto il 17 agosto 1838. Appassionatissimo di lingue, dopo i primi studi di filosofia e letteratura si impegnò ad imparare e conoscere nel dettaglio tantissime lingue straniere. E’ anche per questo che la sua produzione si basò sulla composizione di versi non solo in italiano e sulla traduzione di numerose opere, tra cui la Divina Commedia in dialetto siciliano. Si perfezionò nel francese, nello spagnolo e nel portoghese, tramite la conoscenza approfondita di grafia e fonetica, e per farlo viaggiò in lungo e in largo in Italia e in Europa da giovane.
In uno di questi viaggi conobbe Victor Hugo, allora 60enne, di cui diventò grande amico. A tal proposito, storica è la frase che Hugo affermò un giorno, passeggiando con l’amico messinese e appoggiandosi al suo braccio: “Je m’appuis sur votre jeunesse“. Nel 1863 Cannizzaro conobbe anche la figlia dello scrittore francese, Adèle, e se ne innamorò, chiedendola in sposa al padre per ben due volte, tra maggio e giugno. Dopo i due dolorosi rifiuti, lasciò la Francia nel 1888 e continuò a viaggiare, studiando la lingua tedesca, svedese, boema, americana e magiara.
Non è questo, però, l’unico dolore della vita del poeta siciliano, che nel corso degli anni ne dovette affrontare di ben più grossi, a partire da quello legato alla perdita dei genitori fino a quella dei figli. Il padre, che lo voleva prete e poi avvocato, se ne andò quando Cannizzaro era giovanissimo, e lo costrinse ad interrompere la sua missione in battaglia per tornare dalla famiglia. La successiva morte della madre, Domenica Arena, rappresentò altresì uno dei primi e più gravi lutti di cui il poeta rimase colpito, tanto da rimanere solo nel suo dolore e tanto da attribuire diversi suoi viaggi per l’Europa proprio alla volontà di distrarsi, ormai da solo e senza più familiari. Era un uomo riservato e umile e la composizione di tante sue opere nacque anche e soprattutto dalla conoscenza di tantissimi personaggi e culture dei luoghi che visitava. Nel 1869, invece, si ritirò a Marina delle Palme, a Roccalumera, per trovare rifugio e riposo e per sfuggire alla malignità degli uomini e ai dolori della vita. Dopo anni di viaggi, infatti, nella seconda parte della sua vita ritornò in Sicilia e conobbe e sposò Maria Kubli, sua sposa e madre dei suoi 7 figli. Raggiunta la stabilità familiare e lavorativa, fu questo – il periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento – uno dei momenti più floridi e produttivi del poeta per quanto riguarda la composizione di opere. Periodo felice interrotto però dalla perdita di 5 dei 7 figli in pochi giorni, cui reagì – anche qui profondamente colpito – trascorrendo le giornate in campagna (aveva case e terreni a Zafferia) e a contatto con i contadini, da cui raccolse canti popolari e proverbi per altre sue opere.
Altro dolore lo diede la perdita della figlia Elisa durante il terremoto che colpì lo Stretto nel 1908. Fu l’occasione, un anno dopo il disastro, per entrare in conflitto con la politica nella stesura di una lapida commemorativa in cui scrisse di “colpevole abbandono” in riferimento alle Istituzioni di allora. Trascorse l’ultimissima parte di vita a Messina, in una delle nuove case del Quartiere Lombardo, e subì il “colpo finale” della morte dell’unico figlio rimasto, l’Avvocato Franz Adolfo, a cui Tommaso Cannizzaro reagì attraverso i libri e la scrittura, fino all’ultimo giorno di vita, il 25 agosto del 1921. E’ sepolto al Gran Camposanto.
Da un punto di vista politico era uomo di sinistra, Garibaldino convinto e forte sostenitore dell’Unità d’Italia. Nel 1860, a 22 anni, si arruolò con Garibaldi nel corpo dei Cacciatori del Faro, che avevano l’obiettivo di eliminare i Borboni da Torre Faro e liberare Messina, che dopo la vittoria su Palermo fu annessa al Piemonte e si unificò, per la felicità del poeta.
Il primo lavoro letterario fu “La Voir”, un opuscolo in versi francesi pubblicato a Messina nel 1862, quando aveva 24 anni. Tra le opere straniere si può mettere in evidenza la traduzione del poema nazionale spagnolo “El Cid” e la traduzione del romanzo di Victor Hugo “Le Orientali“. Nel 1884, invece, un editore boemo, il Prof. Jaroslav Vrchlický, raccolse molte poesie di Cannizzaro in un volume dal titolo Výbor básní –Tom. Cannizzaro. Nelle sue opere trattava temi di ogni tipo, da quelli filosofico-scientifici a quelli filantropici. Non indifferente il suo impegno per la prosa, con i canti popolari sulla provincia di Messina e su argomenti quali la vita, le donne e la società. Uno dei suoi lavori più importanti e impegnativi, però, non può che essere la traduzione in dialetto siciliano della Divina Commedia, pubblicata nel 1904. Di seguito l’incipit dell’opera tradotto integralmente.
“Era di nostra vita a mità juntu
quannu ‘nton scuru boscu mi trovai
pirdennu la via dritta, ntra ddhu puntu.Quantu era bruttu a dirlu, è duru assai
st’aspiru boscu, sarvaggiu e spagnusu,
e tremu a pinzarlu comu ddha trimai”
In basso, invece, tutte le sue opere e traduzioni.
Per la stampa: Canti popolari della provincia di Messina (oltre a 3000) con prefazione e note illustrative.
Traduzioni inedite