Un genio incompreso. Tante volte ho sentito pronunciare questa parola. Nell’ambiente calcio, poi, si abusa anche troppo, e anche io voglio abusare. Abuso dicendo che Jeremy Menez è un genio incompreso. Sì, l’ho scritto. Lo penso. L’attaccante della Reggina non è “Houdini” solo perché nasconde il pallone agli avversari, ma anche perché è capace di far nascondere un giudizio positivo anche quando gioca bene. Io, nelle pagelle post partita, gli ho dato un bel “7-“. Ieri, quella del francese, è stata una delle prestazioni migliori da quando è qui, forse la seconda dopo Reggina-Pescara. “Dentro la partita“, come dice Baroni, sin da subito. Concentrato e freddo nel calciare il rigore, questa volta perfetto (noi che l’avevamo criticato dopo la sua rincorsa contro il Lecce), ha svariato per tutto il fronte offensivo velocizzando l’azione, conquistandosi falli e ammonizioni avversarie, creando più di un pericolo. E’ il Menez che serve, è il Menez che fa bene quello che sa fare. E che – non è scontato – si ritrova ad anticipare Mbakogu all’84, vedendosi fischiare un fallo che non c’era. Alla faccia dello stanco e svogliato.
Eppure, Jeremy Menez è – secondo tanti – sempre stanco e svogliato. Siccome è Jeremy Menez, allora lui tutto deve: segnare, dribblare, marcare, correre, attaccare, difendere. Magari parare pure. Peccato che a Reggio Calabria non si sia mai visto – e forse neanche chiesto – Nakamura o Ciccio Cozza recuperare infinità di palloni in difesa, né Jorge Vargas o Simone Giacchetta disegnare parabole grandiose su punizione. Andare da Di Michele, per quello, o dallo stesso Denis, restando all’attualità. Jeremy Menez non lo ha nelle corde, nelle caratteristiche, semplicemente perché è così. Non c’è una spiegazione, c’è solo una presa di coscienza che – probabilmente – il tifoso reggino avrebbe dovuto prendere nei suoi confronti già da quest’estate. E’ così, è stato sempre così, così sarà. E nelle ultime gare sta anche andando oltre.
Sia chiaro: non si sta difendendo un calciatore che, se si è costruito questa “fama” nel tempo, lo ha fatto solo e soltanto per sue scelte errate. Ma, quantomeno, si dia a Cesare quel che è di Cesare. Ieri non ha commesso fallo. E, anche se così fosse stato, l’azione si sviluppa per il doppio errore – quello si che è da condannare – di Crimi e Cionek che si fanno sfuggire Bahlouli. “Why always me?” diceva anni fa Mario Balotelli. “Because“, richiamando il buon Matteo Renzi, è evidentemente questo il destino degli incompresi. Fai o disfi, Houdini è sempre lì.