Pantani, 17 anni fa la morte del Pirata

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Accadde oggi, il 14 febbraio del 2004 moriva Marco Pantani: uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi

Il 14 febbraio del 2004 moriva Marco Pantani. Resta nella memoria come il più grande ciclista degli ultimi decenni, come il campione con la bandana (il Pirata) che, teso nello sforzo e sospinto dalla grinta, scala le vette delle Dolomiti. L’uomo che ha riconquistato al ciclismo più di una generazione. E’ morto 17 anni fa perché non trovò la forza di rialzarsi per la terza volta, dopo gravi incidenti, dopo una prima squalifica patita nel 1999. Pantani amava il ciclismo, due cadute rovinose lo avevano tenuto a lungo lontano dalla bici (una addirittura lo ridusse in fin di vita) e lui per due volte rialzarsi rialzarsi e tornare a vincere. Ma di fronte all’odio dei mass media, al vedersi sbattuto in prima pagina come un dopato, un falso campione, attaccato soprattutto a livello internazionale per invidia e calcolo, non ce l’ha fatta. Pantani non aveva mai assunto sostanze dopanti, è stato fermato perché il suo ematocrito era più alto del valore stabilito come regola nel ciclismo. L’ematocrito è un valore del sangue, per metà dato da piastrine, globuli rossi globuli bianchi, e per l’altra metà da plasma.Questo valore può variare in determinate circostanze, può salire per l’altitudine ad esempio, o per molti altri fattori, anche per una semplice dissenteria. La macchina che determina il valore dell’ematocrito quel giorno segnava valori più alti a tutti i corridori analizzati. Paolo Savoldelli dichiarò che anche il suo ematocrito era al limite quel giorno, cosa mai successa prima, rischiò il fermo anche lui. Secondo molti corridori quel giorno maledetto la macchina era tarata male. Un semplice errore umano, o un complotto per fermare chi aveva già la vittoria in mano? Pantani è stato fermato al Giro, ma non squalificato, poteva continuare a correre, poteva partecipare il mese successivo al Tour de France.

Ma la sconfitta morale era troppo forte, il biasimo fariseo del suo “ambiente”… nessuno sa cosa si prova dopo tanta fatica per arrivare, essere in testa quasi alla fine del Giro e vedersi portar via, in quel modo ingiusto, il frutto di tutto il lavoro, dell’impegno, della fatica e della passione. Senza dubbio Pantani era, a prescindere da ciò, un soggetto caratterialmente fragile, sempre a rischio depressione da quando la sua carriera era stata data per finita, dopo i gravi incidenti subito. Il ciclismo è sport duro, riduce un uomo allo sfinimento, fisicamente tieni, ti rialzi,, ma mentalmente puoi pagare un prezzo alro. Quando gli cadde il mondo addosso, quando persino la sua fidanzata lo lasciò (dimostrando la sua natura opportunista e arrivista), il mondo gli crollò addosso, la fama divenne un boomerang. Quelli che credeva amici veri scomparvero, i genitori a volte invece di essere di aiuto possono peggiorano la situazione. Il pensiero più frequente durante tutta la giornata diventa solo quello di farla finita, la cocaina fu l’ultima spiaggia per superare il dolore che lo consumava dentro. Ma il suo effetto dura poco, ci si ritrova come prima, anzi peggio, diventi un tossicodipendente. Marco “tirava” per sfuggire alle sue paure, alla solitudine. La coca tagliata male, o mischiata a medicine varie, è stato un destino pietoso o un boia che lo ha stroncato quando c’era ancora speranza di riscatto, molto probabilmente. Difficile dirlo, ormai è inutile. Ricordiamo e rendiamo omaggio al grande campione, al mito, al ciclista con pochi eguali, capace di vincere Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno (il 1998). Pedala ancora, Marco. Pedala per noi, pedala per tutti colore che ti hanno sempre amato e seguito. Che sempre ricorderanno il Pirata.

Olga Balzano Melodìa

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