Il governatore ha chiesto al Governo di inserire in zona rossa la Sicilia, mentre al Nord tutte le Regioni si oppongono: un atteggiamento che mette in evidenza la differenza con il Sud, percepibile già nei mesi di marzo e aprile, quando la pandemia del Coronavirus si era abbattuta nel territorio settentrionale
Tenere vivo il motore dell’economia e al tempo stesso salvaguardare la salute dei cittadini. E’ stato arduo il compito dell’esecutivo Conte in questo (quasi) anno di pandemia del Coronavirus. Il lockdown nei mesi di marzo e aprile, il “liberi tutti” dell’estate, poi la suddivisione a “colori” con l’avvento del periodo autunnale non hanno però prodotto gli effetti sperati. Infatti, come riportato su queste pagine, secondo i dati forniti da IMF (International Monetary Fund), Oxford Economics e WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 2020 l’Italia si è reso il peggior Paese al mondo per numero di decessi (ad oggi 1.360 morti ogni milione di abitanti) e penultimo nel rapporto di crescita del Pil nazionale (-11%). Insomma, le chiusure prolungate ed estenuanti non hanno tutela la sicurezza della popolazione, né tantomeno allontanato lo spettro della crisi economica che inesorabilmente si è abbattuta soprattutto sulle piccole e medie aziende.
Singolare è la protesta della politica in Alto Adige, dove questa mattina (come si vede nel VIDEO alla fine dell’articolo) è stato permessa la regolare attività per la ristorazione e dei negozi. Si va avanti dunque col servizio al tavolo nell’orario di pranzo e anche lo shopping con i saldi invernali. “I nostri esperti sulla base dei dati sull’attuale situazione epidemiologica e degli sviluppi costantemente monitorati sono giunti alla conclusione che le regole attualmente in vigore possono essere confermate come tali, e che la riclassificazione dell’Alto Adige come “zona rossa” è avvenuta valutando in modo inadeguato alcune delle specificità altoatesine”, hanno comunicato il presidente Arno Kompatscher e l’assessore provinciale alla salute Thomas Widmann in una conferenza stampa al termine della riunione straordinaria della Giunta provinciale, in cui è stato annunciato di voler mantenere in vigore le norme stabilite con l’ordinanza n. 1 del 2021. Inoltre, come comunicato sul sito della Provincia, “le scuole restano aperte per la didattica in presenza così come sinora stabilito dalle norme vigenti per ciascun ordine scolastico”. E si ricorda che le scuole di Bolzano di ogni ordine e grado sono state le prime a riaprire in presenza il 7 gennaio scorso. Un approccio totalmente diverso rispetto a quello adottato da Musumeci in Sicilia, ma anche da De Luca in Campania e Spirlì in Calabria.
In Sicilia però nessuno sembra batter ciglio e la crisi provocata dal Covid-19, che secondo le stime avrebbe bruciato 7,5 miliardi di euro nel 2020, non mette paura rispetto alla parallela emergenza sanitaria. E’ probabilmente una questione di mentalità tutta meridionale che vede i governatori porre il terrore della diffusione della pandemia in primo piano a discapito quindi delle vicende di tipo lavorativo. E’ evidente la distinzione tra quello che accade nelle regioni del Sud, rispetto a quelle del Nord che già nella prima ondata dei mesi di marzo e aprile sono state al centro dei focolai epidemici maggiori del nostro Paese eppure hanno sempre tentato di continuare la vita normale e la regolare attività delle aziende. Tutto questo non è percepibile in Sicilia, né tanto meno in Calabria o Campania, dove le serrande dei negozi ancora abbassate e rischiano di non poter più essere alzate da molte piccole ma importanti realtà locali.