Vicenza-Reggina, dalla catena di sinistra agli inserimenti delle mezzali: la chiave tattica in 4 immagini [FOTOGALLERY]

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La chiave tattica di Vicenza-Reggina in 4 immagini: dal lavoro sulle fasce all’ampiezza passando per il lavoro delle mezz’ali

Continuità è la parola chiave. La Reggina è tornata (per fortuna) a far vedere qualcosa di buono, ed è da questo che bisogna ripartire. Restano gli evidenti limiti tecnici, resta il complesso problema legato ai troppi infortuni, ma la prestazione di ieri fa vedere finalmente le cose da un’altra prospettiva. Perché niente svanisca, però – appunto – parola chiave “continuità”, a partire da domenica a Reggio Emilia, secondo di quattro scontri diretti importantissimi prima della sosta.

Come già scritto in altra pagina, sembra evidente che Baroni ci abbia messo qualcosa di suo. Qualcosa, però, perché dopo una settimana è impossibile assegnare un’impronta. Sta facendo da psicologo, soprattutto, ma sta provando anche a trovare il vestito giusto ad una rosa fortemente rimaneggiata. L’aver cambiato sistema tattico nel giro di tre giorni, infatti, significa due cose: che il mister vuole capire quale modulo si sposa meglio con le caratteristiche dei calciatori e che potrebbe mettere in atto sistemi un po’ differenti a seconda di chi ha a disposizione di settimana in settimana e a seconda dell’avversario, un po’ come sempre fatto in carriera e come avevamo spiegato anche qui tempo fa.

Di certo, a prescindere dal modulo e dagli uomini, alcuni concetti per lui sembrerebbero “sacri”: l’ampiezza di campo e il lavoro di esterni difensivi e offensivi, ad esempio ma si attende la conferma definitiva dopo qualche altra partita. Contro il Cittadella, infatti, si era visto un 4-4-2 che diventata 4-2-3-1 in alcune situazioni di gioco, con Liotti ad accentrarsi ed inserirsi (vedi il gol), lasciando spazio a Di Chiara, e con Rivas dietro Lafferty e in marcatura costante sul costruttore di gioco dei veneti. Ieri, invece, è stato un 4-3-3 che diventata 4-1-4-1 in determinate fasi di gioco, con Bellomo e Rolando a volte più decentrati e arretrati e le due mezz’ali Folorunsho e Bianchi ad inserirsi, sfruttando ancora una volta la spinta di Di Chiara sulla sinistra, lasciato “libero” da Bellomo. L’immagine qui sotto lo dimostra.

Bellomo (cerchio rosso) si accentra e lascia spazio a Di Chiara, che riceve il pallone da Rivas e poi mette di nuovo in mezzo, in cui si trova Folorunsho che nel frattempo si era inserito. Una costante, questa, dimostrata poi dal gol di Bianchi.

Un secondo prima del gol. Azione quasi fotocopia al frame della prima immagine. Bellomo sempre accentrato (dietro), Di Chiara a spingere dopo la lunga falcata di Folorunsho (cerchio rosso), che lo serve e va in area. Bianchi (cerchio nero) è in arrivo, raccoglie il cross e mette dentro. Rivas non attacca la porta, dimostrando di non essere una punta. Le sue cose migliori le ha fatte vedere quando si è spostato sulla sinistra e ha messo in mezzo puntando l’uomo, favorendo ancora una volta l’inserimento delle mezzali. Ecco lo screen in basso.

Le diverse caratteristiche degli esterni hanno messo in evidenza un differente modo di attaccare tra fascia destra e sinistra. Se sulla sinistra, come abbiamo visto, Di Chiara aveva molto più spazio per offendere perché Bellomo si accentrava o indietreggiava, sulla destra Rolando è sempre rimasto molto largo, “frenando” la spinta di Delprato, che per caratteristiche tende a stare basso. Diverso è stato il discorso nel secondo tempo, specie nel finale, con l’uomo in più e un calciatore (Situm) dalle caratteristiche più offensive rispetto a Rolando. Come si vede nel fermo-immagine in basso, Situm (cerchio rosso) ha fatto lo stesso lavoro di Bellomo dall’altra parte, accentrandosi molto di più e provando a sfondare in area, lasciando lo spazio a Delprato (cerchio nero) per sopravanzare. Questo, ovviamente, anche per via dell’atteggiamento prudente del Vicenza, a difesa del pari dopo il rosso a Longo e l’uomo in meno.

Reggina, Baroni: “Non vedo l’ora di avere una settimana intera per preparare una partita, così è angosciante. Parola d’ordine continuità, non abbiamo fatto ancora niente”

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