Reggina, calma e gesso: l’analisi post derby in 6 punti, cosa va e cosa non va [FOTO]

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Reggina, l’analisi il giorno dopo il derby: cosa va e cosa non va? I 3 punti da migliorare e quelli su cui bisogna insistere

Falli di mano, imprecisione, confusione, rigori (sbagliati), espulsioni. E tanto altro. E’ successo un po’ di tutto ieri sera al Granillo nel del derby tra Reggina e Cosenza. “Tanto fumo e poco arrosto” si potrebbe affermare guardando il risultato finale e al netto di ciò che è accaduto. Perché “è accaduto”, lo si può dire. E’ accaduto che la squadra di Toscano facesse la gara imponendo la sua solita supremazia ma si ritrovasse quasi con un pugno di mosche in mano, come sabato. Ed è da qui che bisogna ripartire, non considerando i quattro punti persi ma i due guadagnati al netto delle prestazioni. Fare drammi adesso è inutile oltre che controproducente. Come si può pensare di far drammi alla 4ª giornata e con una Reggina che ha fatto la partita sempre in questa prima parte di stagione?

Ma per un’analisi più lucida il giorno dopo della sfida rimandiamo ai nostri 6 punti: cosa va e cosa non va dopo questo primissimo mini bilancio? Vediamolo di seguito.

COSA VA

1 – Potrà essere anche cambiato il modo di attaccare (e lo vedremo in seguito), ma l’atteggiamento e la mentalità della Reggina rimangono identiche a quelle della scorsa stagione: baricentro altro e pressing collettivo e immediato sul portatore di palla dopo averla persa. Da qui le ottime prestazioni, che fanno ben sperare in vista del prosieguo e su cui la squadra deve continuare a perseverare.

2 – Una difesa attenta e concentrata. Al netto dell’errore di Chiavari, in 4 partite la Reggina ha rischiato veramente pochissimo. Se consideriamo fortuito il gol subito a Salerno, e ininfluente quello contro il Pescara, la retroguardia amaranto si sta dimostrando rocciosa e granitica, oltreché ben protetta da una fase di non possesso collettiva che coinvolge tutto l’undici in campo. Un importantissimo punto su cui proseguire all’interno di un reparto che l’anno scorso si è rivelato quasi sempre decisivo.

3 – Manovra costruita dal basso senza buttar mai via la sfera. Una prerogativa già presente la scorsa stagione, quando ad impostare era spesso il centrale (Bertoncini su tutti) che cercava la verticalizzazione per gli esterni. In questa stagione, due palleggiatori come Crisetig e Menez “sollevano” da questo incarico il terzetto arretrato ed è spesso da loro due che ha inizio la manovra. Come già detto qualche giorno fa, in considerazione dell’importante ruolo svolto dal francese, questi si ritrova ad essere – praticamente sempre – un centrocampista aggiunto. Quando la manovra parte da lui, sono spesso due le soluzioni che propone. La prima è la ricerca del taglio centrale dei due esterni (vedi foto in basso). Nel cerchio Rosso, Menez è pronto a servire Liotti (cerchio azzurro), che elude da dietro l’avversario e si accentra. La seconda? La vedremo sotto.

 

COSA NON VA

1 – E’ proprio qui che andiamo ad inserire la seconda opzione che spesso Menez sceglie partendo dal basso. Ma facciamo una premessa: non si tratta propriamente di un qualcosa che non va, ma di qualcosa su cui occorre lavorare in un certo modo, anche per far sì che non si diventi prevedibili. Spesso, infatti, il fantasista ex Roma e Milan inizia l’azione e si ritrova a concluderla. Partendo dal centro, ma anche dalla fascia, tende ad accentrarsi cercando il dialogo coi compagni (Denis, Bianchi o i due esterni sempre presenti dentro l’area), che si ritrovano poi a chiudere l’uno-due. In sostanza, l’azione che ha portato al gol del 2-0 in Reggina-Pescara. Uno-due Menez-Denis, con il numero 7 che conclude sulla traversa prima che Liotti raddoppi. In basso, il fermo-immagine della situazione descritta.

Menez (cerchio rosso sulla fascia) si accentra e può provare le soluzioni Denis (cerchio azzurro) e Liotti (cerchio amaranto), che provano a venirgli incontro. Alla fine (foto in basso), Denis si allarga e il francese sceglie Liotti, che gli ritorna il pallone e mette il numero 7 davanti alla possibilità di concludere a rete, come poi effettivamente fa.

2 – Il lavoro (solitario) di Denis. Alla luce del punto 1, e delle caratteristiche del compagno d’attacco del Tanque, il compito dell’attaccante argentino è cambiato in questa stagione. Lo scorso anno si cercava molto di più l’ampiezza di campo e il lavoro dei due esterni, sempre molto larghi e dediti quasi esclusivamente a mettere i palloni in mezzo. Da qui la possibilità per lui e Corazza di buttarsi al centro e concludere a rete. Quelle volte in cui, come quest’anno, si cercava la manovra per vie centrali, era Denis a venire incontro lasciando Corazza libero di occupare lo spazio al centro cercando la profondità. Quest’anno, con un Menez defilato e lontano dall’area, Denis si ritrova spesso a venire incontro per poi provare ad arrivare al centro a raccogliere il pallone, “aiutato” da Bianchi e i due esterni. Situazione, questa, che lo penalizza in area perché non gli permette di arrivarci lucido (vedi foto in basso, Denis cerchiato in rosso).

3 – “L’emergenza” in attacco al momento è un problema. Specifichiamo, “al momento”. Siamo, ancora, soltanto alla 4ª giornata e c’è tutto un campionato davanti. Ad oggi, però, il fatto che Denis sia stato sfruttato fino allo sfinimento dimostra che serve assolutamente l’utilizzo di alternative. Perché non ci sono? Perché non è così facile come sembra. Lafferty, da quando è arrivato alla Reggina, lo si è visto più in giro tra aeroporti, Nations League e qualificazioni che al Granillo, ma è purtroppo l’arma a doppio taglio di avere un calciatore in Nazionale. Di Charpentier si attendono notizie mentre per Vasic non si può certo pretendere che venga buttato subito nella mischia, considerando il suo arrivo al fotofinish nel mercato estivo e un adattamento che deve avvenire in maniera costante.

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