Horcynus Festival, decanta il domani in una lingua antica con Ossa di Crita di Massimo Barilla e Luigi Polimeni

  • Marco Costantino
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Il Castello Aragonese pronto ad accogliere il Glorius 4et, quartetto vocale femminile in concerto domenica 6 settembre alle ore 21

La forza delle parole vestite di una saggezza antica e intrise di una innata poeticità. Sprigionata dai suoni una potenza viscerale muove quelle parole dalla carta alla voce, rendendo quanto scritto nell’intimità del ricordo paterno, caro e intimo, finalmente anche detto, pronunciato ad alta voce e condiviso.

Intenso il reading poetico-musicale “Ossa di Crita”, ispirato alla raccolta poetica in dialetto reggino con testo italiano a fronte (Mesogea edizioni) di Massimo Barilla, con interventi originali musicali di Luigi Polimeni, che ha avuto come cornice la terrazza di Medinblu.

L’Horcynus Festival Reggio Calabria continua a proporre originali contaminazioni. Lo farà anche occasione del prossimo appuntamento in cui il canto nomade è donna. Tutto pronto per  il concerto del Glorius 4et, quartetto vocale tutto al femminile composto da Agnese Carrubba (voce/pianoforte/percussioni),  Federica D’Andrea (voce),  Cecilia Foti (voce), Mariachiara Millimaggi (voce/pianoforte/percussioni). Le cantanti messinesi si esibiranno domenica 6 settembre alle ore 21, nella suggestiva cornice della terrazza del Castello Aragonese. L’evento è anche inserito nel cartellone dell’Estate Reggina.

Il reading poetico-musicale di Massimo Barilla e Luigi Polimeni ha concluso il ciclo di appuntamenti targati Horcynus Festival programmati sulla terrazza di Medinblu, in collaborazione con Giardini Sonori, rassegna culturale con direzione artistica di Alessio Laganà che ha introdotto l’evento, sottolineando “l’importanza delle sinergie, soprattutto in un momento delicato come quello attuale, e il pregio delle iniziative che Horcynus Festival continua a proporre al territorio. Tra queste, la prima presentazione calabrese della raccolta poetica in dialetto reggino ‘Ossa di Crita'”.

Le ossa di argilla di cui scrive Massimo Barilla sono quelle «de li pedi ffundati/ ‘nta ll’erba/ e lu ciatu/ dassatu/ cchiù arretu/ chiamarmi di luntanu», sono le radici che dalla terra traggono linfa per diventare tronco forte e fronda rigogliosa, corpo vigoroso e spirito luminoso, nutrendo l’essenza profonda e dando consistenza proprio alle ossa che tutto reggono e sostengono. E’ una raccolta che parla di futuro, di “Ghadaan” (“domani” in arabo),  in una lingua antica, il dialetto reggino, che custodisce memorie e storie, che attraversa il tempo, guarda quello «dassatu» e scruta quello in là da venire. Ci vogliono gli occhi sciolti in dolore e pianto «pi putiri vìdiri luntanu», per cercare la speranza. Quella sprigionata da una inattesa nota sotterranea. «Eppuru dintra a’stu ventu/furisteru/ sentu comi ci fussi/ un sonu/ ‘na nota suttirrata/(stricari d’erba sicca)/ comu si bruciassi/la ramagghia/ d’un tempu rimandatu/prontu a jettari/già dumani/taddi di vita nuova».

Un tributo vibrante alla Terra di origine, figlia del Sud in cui le Madri hanno «occhi niri/d’un niro/di millu culuri» in cui non è possibile «vìdiri stutari dda luci/ ddu lampu di suli/ chi ‘ndannu ‘nt llo’occhi/li matri». Quel Sud che è luogo di partenza e, al contempo, di restanza, luogo di sospensione e di inquietudine. «Viditi li pedati?/chiddi chi dassu/darretu/di la schina/dumani li cumbogghiu/quandu tornu/a ripassari/a st’ura e sulu a st’ura/pirchì iri non pozzu/ma manca stari sacciu».

A scandire l’incedere calmo dei versi di Massimo Barilla, sullo sfondo le immagini in cui la mano di Aldo Zucco, che ha curato le illustrazioni del volume, tratteggia, disegna, dà forma alle emozioni. Ad accompagnare questo viaggio ondivago tra il passato e il futuro, la musica di Luigi Polimeni impegnato al piano e, in questa occasione speciale, anche al theremin, strumento musicale elettronico (l’unico ad essere ammesso in orchestra), il più antico conosciuto che non prevede il contatto fisico tra esso e l’esecutore poiché le note sono il frutto della sapiente presenza delle mani del musicista nel campo d’onda che poi genera un suono. “Sono l’orecchio e l’ascolto del suono a guidarmi, perché, contrariamente al pianoforte in cui vedo e tocco lo strumento che produce la nota, qui nulla si vede. Si può solo sentire”, ha spiegato Luigi Polimeni.

Altre contaminazioni saranno protagoniste in occasione del prossimo appuntamento targato Horcynus Festival con Glorius 4et, domenica 6 settembre alle ore 21, sulla terrazza del Castello Aragonese a Reggio Calabria. Le quattro voci femminili a cappella, con innesti di istruvocal, o accompagnate da pianoforte e percussioni, spazieranno dal Pop, agli Standard Jazz, agli Evergreen e proporranno al pubblico un loro stile unico, attraverso un originale mosaico di sonorità, frutto di un impasto vocale che non copre ma esalta le differenze e del canto in sette lingue, tra le quali anche il dialetto siciliano.

Orgogliosamente siciliane e costantemente ispirare dal fascino della loro terra, nomadi nell’anima, le quattro musiciste, tra loro molto diverse, hanno coltivato una profonda sorellanza nella vita e nell’arte. Cantano insieme da vent’anni. Nel 2012 è nato il progetto del Glorius 4et, contraddistinto dall’amore per la contaminazione. Alle etichette e ai ruoli preferiscono la versatilità e la curiosità così sul palco, ogni volta, mescolano i loro timbri vocali, ne esplorano l’impatto. Nascono così sonorità assolutamente originali, combinazioni inedite e anche stravaganti. Il loro è un vero e proprio canto nomade.

“Non ha bisogno di appartenere ad una religione, la musica, per cantare la grandezza del Creato. La prima forma di comunicazione inventata dall’uomo, la più ancestrale – sottolineano, con riferimento alla musica nomade, i direttori artistici per la Musica di Horcynus Festival, Giacomo Farina e Luigi Polimeni – non necessitava di tecnologia per essere praticata: bastava una pelle tesa, una canna con dei fori, una corda in tensione e il messaggio arrivava e parlava di uomini e donne, delle stagioni della vita, dei sogni di bambini. Un linguaggio universale non codificato ma intuito da tutti, a testimonianza di una Radice culturale comune che unisce da sempre gli esseri umani, seppur diversi nel colore della pelle, nella lingua e nei costumi, in un’Unica Razza. Nella consapevolezza profonda della ricchezza della diversità in cui viviamo, lasciamo che siano la curiosità alchemica di mescolare generi e stili e la commistione di suoni e atmosfere senza genere ad accompagnarci nelle scelte per il nostro Festival e nelle produzioni originali che esso concepisce, come restituzione artistica della ricerca-azione che la Fondazione opera nel territorio”, concludono i direttori artistici per la Musica di Horcynus Festival, Giacomo Farina e Luigi Polimeni.

Coriste nel singolo “Arca di Noè” di Alessandro Mannarino, le cantanti del Glorius 4et sono state anche supporters di Paolo Belli & Big Band e di Bridgette Campbell, coriste di Enrico Montesano in “Omaggio a Trovaioli” e di Antonella Ruggiero in occasione del tributo a Domenico Modugno al teatro Vittorio Emanuele di Messina.

“Ogni cantante, come ogni artista, è nomade e girovago; ad ogni cantante spetta il compito di nutrire e salvare lo spirito anche durante i momenti più difficili. Il lockdown, al quale siamo state costrette nei mesi scorsi, è divenuto per noi un’occasione per studiare e sperimentare, stringerci, nonostante le distanze, e respirare insieme, esplorare nuove modalità di fare musica, anche se attraverso lo schermo, e proporre dei viaggi divenuti possibili con la forza dell’incontro solo nella musica. Sono nati così i mini social show che settimanalmente abbiamo proposto, individuando in ogni occasione un paese del mondo differente, alla cui tradizione musicale ispirarci”, spiegano Agnese Carrubba e Cecilia Foti.

Ricco sarà, dunque, lo scrigno dal quale attingerà il quartetto vocale femminile siciliano. Unitamente al loro album di cover “Play”, pubblicato qualche anno fa con la produzione artistica di Tony Canto, il featuring di Ernesttíco alle percussioni e di Esteban Alvarez, pianista costaricense, il concerto ruoterà proprio attorno alla recente esperienza condotta durante il lockdown, da loro trasformato in un tour mondiale sul web. Attraverso i mini social show realizzati a distanza, da casa hanno viaggiato – e fatto viaggiare il pubblico – dall’Italia fino in Messico, Russia, Grecia, Giappone, Francia, con omaggi a canzoni rappresentative dei vari paesi del Mondo e la collaborazione prestigiosa di Paolo Belli, Massimo Moriconi (bassista di Mina), Tony Canto, Faisal Taher e altri artisti di calibro internazionale. In occasione del concerto ci sarà spazio anche per il loro primo inedito “Bauso”, attraverso il quale il Glorius 4et approda alla dimensione autoriale. Il brano è un omaggio alla loro terra, in particolare all’omonimo castello di Villafranca Tirrena, nella provincia regionale di Messina.

Nel pieno rispetto delle norme antiCovid che garantiscono sicurezza al pubblico, Horcynus Festival continua a proporre un inedito e originale sguardo sul mondo, grazie all’impegno della Fondazione Horcynus Orca e della direzione artistica di Franco Jannuzzi per il cinema, Massimo Barilla per il teatro, Giacomo Farina e Luigi Polimeni per la musica, al cofinanziamento della Regione Calabria e al patrocinio del Comune di Reggio Calabria.

In linea con la triplice e ormai consolidata articolazione incentrata su ricerca, sperimentazione e visione didattica e laboratoriale – Horcynus Educational Festival rivolta agli studenti e Horcynus Lab Festival, che i prossimi 21-22-23 settembre a Capo Peloro a Messina promuoverà dei seminari internazionali con intellettuali provenienti da tutto il mondo – Horcynus Festival si pone ancora un volta come piattaforma di analisi e indagine e non come mero contenitore di eventi.

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