Messina: ordinanza anti-movida ed il fallimento delle istituzioni

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Alle istituzioni cittadine nella apparente incapacità di gestire autonomamente l’ordine pubblico non resta che imboccare la strada, inquietantemente inaugurata durante lockdown, della compressione delle libertà personali

Ebbene è successo di nuovo. In un contesto in cui le istituzioni fanno fatica ad assolvere autonomamente ai propri compiti si sceglie come soluzione il far pagare il prezzo di questa inadeguatezza ai cittadini.

E se è potuto risultare tollerabile che venisse chiesto a 60 milioni di persone di stravolgere le loro esistenze per evitare che una delle più serie crisi sanitarie dell’epoca moderna producesse ancora più danni di quelli inevitabili, a causa di un sistema sanitario nazionale depotenziato per anni e che rischiava di collassare, non risulta né ragionevole, né efficace e quindi tollerabile l’ultimo provvedimento adottato dal Comune di Messina, su suggerimento della Prefettura, in materia di locali e somministrazione di bevande alcoliche.

In un Italia in cui il quadro epidemiologico migliora di giorno in giorno ed il dibattito si focalizza sugli strumenti migliori da utilizzare per stimolare la ripresa economica, le istituzioni messinesi decidono di sopperire a quella che a questo punto deve essere letta come la loro incapacità di provvedere all’ordine pubblico autonomamente, imponendo nuovi provvedimenti che restringono le libertà personali dei cittadini e danneggiano economicamente gli esercenti. Fatto da non trascurare, in totale assenza di presupposti scientifici che legittimino tali decisioni.

La nuova ordinanza disposta da vicesindaco Salvatore Mondello prevede infatti che dalle ore 19 di oggi sabato 13 e sino alle 24 del 30 giugno 2020 tutte le attività di ristorazione o di somministrazione di alimenti e bevande sono tenute a chiudere all’1:00 di notte il lunedì, martedì, mercoledì e giovedì e all’1:30 il venerdì, sabato e domenica. Non solo pub o cocktail bar dunque, ma anche ristoranti, trattorie, gelaterie rosticcerie ecc… come se, qualora la somministrazione di sostanze alcoliche rappresentasse veramente questo enorme rischio per il rispetto delle norme anti-covid, prima di tali orari il virus avesse altri impegni.

Inoltre è fatto ulteriore divieto, sempre alle stesse categorie di attività commerciali, di effettuare la vendita per l’asporto di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione dalle ore 20 fino alle 8; di somministrare al banco bevande alcoliche di qualsiasi gradazione dopo le ore 20 e per i distributori automatici di vendere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione dalle ore 19.

Dalle 20 in poi dunque, al fine di evitare assembramenti in luoghi aperti dove basterebbe fare un passo indietro per garantirsi il distanziamento sociale, tutti seduti a consumare al tavolo, magari anche al chiuso. Sì perché a partire dalle 20:00 non solo viene inibita la vendita di bevande alcoliche da asporto, ma viene anche fatto divieto “Di consumare bevande alcoliche di qualsiasi gradazione su area pubblica o privata ad uso pubblico compresi parchi, giardini, spiagge, arenili, torrenti e ville aperte al pubblico”.

Ma non sono soltanto le bevande alcoliche ad essere finite nel mirino dei nostri moderni censori poiché se l’alcol, una volta riabilitati i runner, è diventato il nemico pubblico numero uno durante questo presunto ritorno verso la normalità, anche la musica viene individuata come un pericoloso elemento potenzialmente portatore di caos e sovversione sociale. Le esecuzioni musicali e la diffusione della musica all’esterno dei locali e nelle attività balneari e complementari, infatti, dovranno cessare entro le ore 01:00 nei giorni dal lunedì al giovedì, ed entro le ore 01:30 nei giorni dal venerdì alla domenica.

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