Riflessioni al tempo del Coronavirus

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Coronavirus: le riflessioni di Roberta Scalise ai tempi del Covid – 19

Polonia – Varsavia 1940 –Da un istante all’altro il sole cominciava ad oscurarsi, in volo si alzavano, improvvisamente, tutti gli uccelli sopiti sugli alberi e dal cielo cominciavano a “piovere” bombe. Da quel momento, qualcosa stava cambiando per sempre Le notizie alla radio pronunciavano, all’unisono, un’unica frase “siamo in guerra!”. E così, ogni comunicazione sull’andamento dei bombardamenti e, dello stesso conflitto, avveniva tramite quei canali ufficiali. Ogni giorno, a qualsiasi orario, all’improvviso, tutte le trasmissioni venivano interrotte e si passava dall’ascoltare musica ad ascoltare il numero dei morti e le decisioni dei Capi di Stato. Si rimaneva sempre col fiato sospeso! Da un giorno all’altro per le strade non si vedeva più nessuno e, agli incroci, pattuglie naziste presidiavano la città: il nemico era lì! Si era stati privati di tutto, finanche degli abiti, ma ancora era permesso sognare! Per poter transitare o, anche solo spostarsi a piedi, si doveva esibire un “foglio” contente le motivazioni dell’uscita e, solo nel caso in cui queste fossero state “approvate”, si poteva procedere. Il silenzio era assordante e potevi ascoltare solo la paura. Le persone camminavano fugaci e guardinghe, occhi spenti e sorrisi vuoti. Ci si osservava sospettosi gli uni degli altri, non sapevi più chi avevi di fronte, amici, parenti, conoscenti: era il nemico o no?! In un attimo si era diventati tutti potenziali vittime e carnefici nella stessa persona. Si veniva separati: gli impuri dai puri; ai primi era riservato il destino peggiore, quello rimasto alla storia come olocausto. Gli innamorati si trovavano divisi da veri e propri muri di mattoni e di filo spinato: non c’era modo di abbatterli. Quelle carezze, adesso, potevi solo immaginarle… di quegli abbracci potevi solo ricordarne il profumo. Morivano migliaia di persone al giorno ed anche i bambini più piccoli non venivano risparmiati. I corpi venivano portati lontano, manchevoli persino di una degna sepoltura. Gli alleati li riconoscevi, avevano una divisa diversa, indossavano il colore della speranza; erano quelli che avevano combattuto la guerra per te, per restituirti “quel tutto”.

Italia – Milano; Bergamo; Reggio Calabria … 2020 –È primavera quando, improvvisamente, una gelida aria artica si imbatte sul Bel Paese e, da un istante all’altro, si comincia a sentir parlare di uno strano raffreddore, mortale. Da quel momento, qualcosa cambia per sempre! La televisione e tutti i social, diffondono la stessa notizia: “l’Italia è stata colpita da un Nemico invisibile, sconosciuto e mortale, il covid-19. È una nuova guerra, chimica!”, come “nuovi” sono i tempi odierni. Così ogni annuncio sull’andamento dei contagi, dei decessi e dei guariti, passa per questi canali ufficiali. Ogni giorno, a qualsiasi orario, improvvisamente tutte le trasmissioni sono interrotte e si passa dal guardare Paolo Bonolis ad ascoltare il numero dei morti, che cresce di giorno in giorno e le decisioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale, in una storia senza precedenti, è passato dall’essere Presidente a “Dittatore”. Si rimane sempre col fiato sospeso! Per le strade non si vede più nessuno e, agli incroci, pattuglie dell’esercito presidiano le città: il nemico è qui, invisibile, accanto ad ognuno di noi, ma tu, non puoi saperlo! Le nostre democrazie non bastano più, i colori politici sono scomparsi e l’Europa non è, adesso, un Continente da scoprire, ma un focolaio di malati da evitare. I muri delle diversità sono crollati: cinesi, italiani, francesi, tedeschi, ricchi, poveri, grandi, piccoli… tutti a combattere contro un unico avversario, il più subdolo: il COVID-19. Siamo stati privati di tutto: il futuro è sospeso, in quiescenza, dentro la fragile e potente bolla della quarantena e non è rimasto che sognare quello che si sarebbe potuto costruire… quello che potrà costruirsi, sulle macerie! Per poter uscire in macchina o, anche solo spostarsi a piedi, si deve esibire un’“autocertificazione” contente le motivazioni dell’uscita e la dichiarazione di non essere infetti. Sì! Adesso si è diventati tutti uguali, quella ricerca di uguaglianza, da sempre auspicata si è concretizzata: siamo tutti ugualmente piccoli, fragili e impotenti innanzi ad un nemico, invisibile. Il silenzio è assordante e puoi ascoltare solo la paura, la stessa che leggi negli sguardi di tutti. Ogni città, svuotata della sua “Anima” appare ancora più grande, ancora più irraggiungibile. La gente cammina fugace, i sorrisi sono coperti da mascherine chirurgiche e adesso puoi sorridere solo con gli occhi. Ci si osserva sospettosi gli uni degli altri, non sai più chi hai di fronte, amici, parenti, conoscenti: è infetto o no?! In un istante si è diventati tutti potenziali vittime e carnefici nella stessa persona; il giorno prima eri una normale persona ed il giorno dopo, con una stretta di mano, un abbraccio o un bacio sei un assassino, da ghettizzare. Siamo separati: i positivi al virus ed i negativi al virus. I primi sono quelli sui quali s’imbattono i più grandi dolori, oltre che i peggiori pregiudizi… per ciò che rimarrà alla storia come pandemia. Gli innamorati sono divisi da un profondo sentimento: la PAURA, granitica ed inflessibile; eh sì! Perché il pericolo è sociale: le tue azioni, oggi, possono avere un “effetto domino”, letale, sui tuoi cari. E quelle carezze, adesso puoi solo immaginarle, e, di quegli abbracci puoi solo ricordarne il profumo.
Muoiono centinaia di persone al giorno, accompagnate esclusivamente dalla più profonda solitudine, anche i più giovani non vengono risparmiati. I corpi sono portati lontano, trasportati dagli autocarri dell’Esercito, durante una macabra “sfilata di morte”, manchevoli di una degna sepoltura, di una lapide sulla quale ritornare a poggiare un fiore. Gli alleati, invece, li riconosci, hanno una divisa diversa: hanno camici verdi, mascherine chirurgiche, guanti bianchi monouso e portano addosso il peso della fiducia di quanti si affidano a loro.
Il loro viso è irrigato dalle lacrime e dal sudore, le loro mani profumano di umanità ed i loro occhi trasmettono speranza. Sono quelli che stanno combattendo questa guerra per ognuno di noi, in quelle corsie di ospedale, dove i pazienti, malati di COVID-19, si aggrappano alle loro mani, anelanti di vita. #restiamoacasaorapiùchemai

Roberta Scalise

 

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