Il coraggio di don Giuseppe Bova, il medico di Scilla che nel ‘700 fondò una scuola di medicina

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Il coraggio di don Giuseppe Bova, il medico di Scilla che nel ‘700 fondò una scuola di medicina. Quando morì venne sepolto, come da lui espressamente richiesto, all’interno della Chiesa, accanto l’altare di San Giuseppe

Giuseppe Bova nacque a Scilla il 24 Gennaio 1697 da Giovanni e da Giuseppa Costa. Mentre era un giovane studente di letteratura e scienze a Messina, ebbe la vocazione al sacerdozio. Vestito l’abito talare si trasferì a Roma, dove intraprese gli studi al corso delle scienze sacre in compagnia del suo amico e concittadino Diego Andrea Tomacelli. Nominato sacerdote e aspirando allo studio letterario e di scienze sperimentali, si trasferì prima a Firenze e poi a Bologna, dove si laureò in medicina. Tornato a Scilla, esercitò con molto successo la professione di medico e fu nominato condotto del paese con uno stipendio annuo di duecento ducati. La sua fama di luminare crebbe talmente, da intervenire come medico fuori Scilla, addirittura lo prelevavano per un consulto medico con delle feluche partendo dall’isola di Malta, dove vivevano i Cavalieri dell’Ordine Gerosolimitano. A Scilla aprì uno studio di medicina: tra i suoi molti discepoli acquistarono fama il nipote Rocco Bova e Cosimo Federici, quest’ultimo divenne un medico molto rinomato e fu discepolo del celebre Dottor Cotugno. Cultore delle lettere e delle scienze, scrisse importanti articoli scientifici in occasione della gara letteraria svoltasi a Firenze che egli sostenne col Dottor Giovanni Bianchi, naturalista e medico di Rimini. Gli articoli del Bova approdarono sul giornale “Le Novelle Letterarie” di Firenze diretto dal Dottor Giovanni Lami, suo intimo amico.

Giuseppe Bova da grande sacerdote, comprese il valore del ristoro spirituale e per questo motivo fece costruire in un suo podere a Pisturini, su di un pianoro sopra Contrada Pacì sempre a Scilla (chiamato “U chianu i Bova” dopo la sua morte), una casa per il ritiro spirituale dei sacerdoti, con annessa una chiesetta, dedicata a San Gerolamo, il padre spirituale di preghiere, meditazioni, astinenze e penitenze. La volontà del Bova era quella di onorare la memoria della venuta a Scilla del grande Santo e Dottore della chiesa, appunto Gerolamo. Il questo luogo, dove adesso rimangono solo pochi ruderi, detto “A Cresia”, ogni anno in solitudine e in contemplazione, si riunivano i sacerdoti di Scilla per gli esercizi spirituali. Giuseppe Bova fu molto devoto e affezionato anche alla figura di San Giuseppe e per questo stabilì uno stretto legame con la chiesa della Santissima Annunziata dei Padri Crociferi. Giuseppe Bova morì per via dei crolli causati dal terribile sisma del 5 Febbraio del 1783 e venne sepolto, come da lui espressamente richiesto, all’interno della chiesa, accanto l’altare di San Giuseppe. Nel 1750 infatti, la statua di San Giuseppe fu donata da Nunzio e Giacomo Matrà e ciurma dopo un miracoloso salvataggio della propria imbarcazione a seguito di una repentina tempesta. I due fratelli si erano promessi di fare questa donazione nel momento di maggior difficoltà e raccolsero i proventi dalla straordinaria pesca di quel giorno. Salvando il pescato, la ciurma e la barca in quelle avverse condizioni meteorologiche si convinsero che l’invocazione a San Giuseppe fù determinante. I due fratelli donarono la statua di San Giuseppe (quest’anno ricorre il 270° anniversario) sotto la direzione di Don Giuseppe Bova, alla chiesa della Santissima Annunziata dei Padri Crociferi, oggi Chiesa di San Giuseppe , nel rione di Chianalea.

Enrico Pescatore

Enrico Pescatore è l’autore del libro “Faraglioni e tempeste” che racconta l’inedita storia dei Faraglioni di Scilla presentato il 21 febbraio a Reggio Calabria.

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