Reggio Calabria: operazione “Alchemia”, concessi gli arresti domiciliari ad Alfredo Ammiragli

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Reggio Calabria: concessi gli arresti domiciliari ad Alfredo Ammiragli, accusato nell’ambito dell’operazione Alchemia di associazione a delinquere di stampo mafioso

Il Tribunale di Palmi, presieduto dal dott. Gianfranco Grillone con a latere i giudici Francesca Mirabelli e Federica Giovinazzo, ha concesso gli arresti domiciliari ad Alfredo Ammiragli, accusato nell’ambito dell’operazione Alchemia di associazione a delinquere di stampo mafioso. L’uomo è ritenuto dagli inquirenti un organico della cosca Gagliostro-Parrello di Palmi che aveva il compito di gestire il personale dipendente, e curare la partecipazione alle gare di appalto, della ditta Millenium riconducibile a Candeloro Gagliostro sia nel campo delle demolizioni che nel campo dei servizi di pulizia nonché occuparsi delle operazioni di bilancio della predetta società. L’Ammiragli è affetto da una serie di patologie che, tuttavia, non erano mai state ritenute tali da determinare l’incompatibilità con il regime carcerario. La difesa dell’Ammiragli, rappresentata dagli avvocati Antonino Napoli e Leonardo Lanucara, proprio in considerazione dell’attuale situazione che si è venuta a creare in seguito alla diffusione del virus “Covid-19” e dallo stato del processo che aveva visto, ad avviso dei difensori, attenuarsi la gravità indiziaria a carico del loro assistito, ha rilevato che compito dell’autorità giudiziaria è anche quello di coniugare la tutela della salute con il rispetto degli altri diritti fondamentali, soprattutto la salute, ed in questo delicato momento, in cui il Paese è alle prese con l’epidemia coronavirus, questa esigenza diviene fondamentale. Certo, hanno sottolineato i due legali, questo non significa che tutti i detenuti, anche quelli accusati e/o condannati per reati gravi, devono essere posti agli arresti domiciliari ma occorre effettuare, di volta in volta, una seria comparazione tra le esigenze cautelari e quelle relative alla salute del detenuto Un contagio in carcere, per gli avvocati Napoli e Lanucara, dove gli spazi sono limitati e c’è una totale promiscuità fra detenuti e personale penitenziario potrebbe trasformarsi in una catastrofe. Il Tribunale di Palmi, seppur ha escluso che il “coronavirus” possa orientare la scelta dell’autorità giudiziaria ad attenuare una misura ha ritenuto, tuttavia, che il quadro patologico, per come certificato dalla direzioni del carcere teramano rende preferibile una collocazione in ambito domestico con l’applicazione, ove disponibile, del braccialetto elettronico.

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