Coronavirus, Tommasi: “esiste ipotesi annullamento campionato, utopia pensare adesso di poter tornare a giocare”

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“Non ci siamo resi conto di ciò che sta avvenendo”, inizia così l’intervista rilasciata da Damiano Tommasi alle colonne del Messaggero. Il presidente dell’AIC ha risposto ad una lunga serie di domande, che vanno dal possibile rientro in campo alla riduzione degli stipendi da parte dei calciatori. Ecco di seguito le parti più importanti:

La Figc tenta di trovare date per la ripresa dei campionati…
“Se un paese chiude le scuole fino a giugno, non possiamo pensare che possano andare avanti altre attività, come lo sport. Un lusso, appunto”.

E’ stato un errore giocare anche quel 7/8 marzo?
“Ho cercato di farlo capire subito, quando ho chiesto lo stop alla Figc e mi è stato detto di no. Il giorno dopo ci abbiamo provato dalla mattina. La prossima volta il Governo non farà scegliere chi non sa scegliere, quindi se si torna in campo si farà in massima sicurezza. Se si potrà viaggiare da una regione all’altra, se non ci saranno rischi”.

Si dice: il campionato sforerà a luglio. Come è possibile?
“Ecco, quello sarebbe un bel casino. C’è un’infinità di calciatori che, rispettando le regole, si trovano ad aver firmato per altri club, con decorrenza il primo luglio; ci sono i prestiti, gli svincolati. Il 30 giugno ci sono i bilanci da presentare ed è un problema per i club. Dovrà essere studiato uno scivolo, verrà fatta una moratoria, allungando gli accordi. E non bisogna esagerare con lo slittamento: l’inizio della prossima stagione non potrà assere spostato troppo in là, visto che, almeno quello si spera di farlo, ci sarà l’Europeo”.

L’ipotesi di annullare il campionato esiste?
“Certo. Ripeto: si chiudono le scuole, si può chiudere un campionato o più di uno. Sarebbe un bel problema, ma purtroppo queste cose non le scegliamo noi, ma il coronavirus. Che ormai ci ha caricati tutti sulla stessa barca, nella stessa incertezza e con la stessa fragilità”.

C’è stata divisione sull’interruzione delle partite, prima ancora sulle porte chiuse, ora si parla degli allenamenti, siamo al sì e al no, alle vie di mezzo. Molti presidenti pensano solo agli interessi economici?
“Sono come i musicisti del Titanic, che continuano a suonare mentre la nave affonda. Se non si capisce che la situazione è seria…”.

Ed oggi chiedono i soldi ai calciatori. 
“Noi non entriamo nelle trattative. C’è solo da capire chi e come, tra i presidenti, si vorrà approfittare di questa situazione emergenziale. Speriamo solo di trovarsi davanti chi vuole solo ragionare sul sistema migliore per rientrare di certi investimenti e di risollevarsi nella maniera migliore. Tutti abbiamo interesse che l’equilibrio economico venga preservato e proprio per questo dobbiamo valutare tutti gli elementi del momento. E’ necessario verificare quanto sarà lungo lo stop e quanto sarà il danno effettivo”.

Il discorso delle ferie, invece.
“La nostra è una proposta di buon senso, è giusto farle ora. La serie C è d’accordo, la A e la B ci hanno detto di no. Forse non si sono resi conto in che paese viviamo. Ma non sono affatto sorpreso”.

Tornando alle date: che idea si è fatto?
“Temo verranno disattese. Nel nord il fenomeno è in continua crescita, così come nel resto d’Europa. Era giusto dare un orizzonte temporaneo, quasi come forma di ottimismo. Ci sta. Ma c’è molto da fare ancora. All’inizio sembrava che il fenomeno riguardasse solo la zona della bassa Lombardia, poi si è trasferito a Brescia e Bergamo, è imprevedibile, non sappiamo cosa succederà nel Sud. La logica ci dice che dobbiamo comportarci bene, con rigore. Non si tratta di essere catastrofisti o ottimisti, cerco solo di essere realista. Ricominceremo, ma in sicurezza. E laddove servirà, rispetteremo misure più severe”.

Tutta questa storia, alla fine, porterà a un nuovo governo del calcio?
“Sono molto pessimista. Del resto comandano più o meno gli stessi che c’erano prima del mondiale in Russia. La Lega è cambiata poco, in Figc manca solo Tavecchio. Ma non è questo il momento di lasciarsi andare alle polemiche, adesso conta stare uniti. Poi ne riparleremo”.

Lei intanto fa quello che un cittadino dovrebbe fare?
“Certo io sto a casa con la mia famiglia, faccio io tutte le commissioni, l’unico a uscire. Purtroppo abbiamo una figlia ancora a Londra per questioni legate allo studio. Stiamo aspettando che riesca a raggiungerci, ben sapendo che, una volta qui, dovrà stare in isolamento”.

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