Pedofilia online, la criminologa: “Orchi in agguato, la prima regola è non pubblicare le foto dei figli sui social network”

StrettoWeb

La criminologa commenta il fenomeno della pedopornografia su internet, alla luce del caso del padre di Treviso che violentava la figlia di due anni e vendeva i video degli abusi in rete: “non condividere (e non far condividere) foto dei propri figli sui social media”

“Se la condivisione di foto e video con adulti comporta rischi limitati, non e’ cosi’ nel caso dei minori. Molti utenti del web condividono in totale buona fede le foto dei propri figli, magari in compagnia di altri minori. La prima regola dovrebbe essere quella di non condividere (e non far condividere) foto dei propri figli sui social media o almeno controllare sempre il livello di privacy dei contenuti multimediali”. Lo afferma la criminologa Antonella Cortese, vicepresidente di Aispis (Accademia italiana delle scienze di polizia investigativa e scientifica), commentando il fenomeno della pedopornografia su internet, alla luce del caso del padre di Treviso che violentava la figlioletta e poi vendeva i filmati sul dark web. “La vita – afferma Cortese – puo’ trasformare un uomo in un orco: niente piu’ di umano c’e’ in chi va a caccia sul web alla ricerca di pedofilia e pedopornografia online, niente piu’ di umano per chi violenta donne e bambine”. “Quando gli orchi sono sul web – prosegue – la lotta delle Forze dell’Ordine deve essere senza quartiere. Le polizie di tutto il mondo, insieme alle associazioni che si occupano della tutela dei minori combattono ogni giorno contro gli orchi che vanno a caccia di bambini, alla ricerca di immagini di pedopornografia o di esperienze dirette di abuso, come i turisti sessuali. Si tratta, purtroppo, di traffici frequenti, dissimulati sotto attivita’ lecite e difficili da contrastare. Ma anche in questo caso l’educazione ad un coretto uso della rete e’ indispensabile”. Per la criminologa esiste “la necessita’ di un intervento dei provider e dei colossi del web fornitori di servizi come le piattaforme di file sharing. Non possono nascondersi piu’ dietro la tutela della privacy e hanno la responsabilita’ di vigilare sul materiale che circola sotto il loro nome“.

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