Attività turistiche estive: a Caulonia monta la polemica

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Attività turistiche estive: a Caulonia monta la polemica. Lettera di Patrizia Papandrea al sindaco Belcastro

Estate di polemiche a Caulonia marina sul fronte turistico. Elemento di disputa sembrano essere divenute in queste ultime settimane le concessioni comunali, necessarie all’apertura di alcuni storici locali ubicati sul litorale della cittadina della locride. Le rimostranze indirizzate al sindaco di Cauolonia Caterina Belcastro, giungono da Patrizia Papandrea, proprietaria di una struttura ubicata sul lungomare di Caulonia. Nel ricostruire l’iter di una vicenda a suo dire palesemente ingiusta e discriminatoria, la Papandrea affida tutto il suo disappunto ad una lettera inviata agli organi di stampa. “Sono una commerciante Cauloniese – scrive la Papandrea – e oggi faccio seguito ad un primo appello, (fatto tramite emittente televisiva locale), al Sindaco Caterina Belcastro, attraverso cui chiedevo proprio al primo Cittadino di voler riconsiderare la decisione presa dal Comune lo scorso 26 luglio in merito all’apertura della mia attività turistico-ricettiva sita sul lungomare di Caulonia Marina, al quale dava “diniego”. L’Ufficio al ramo commercio del Comune, giustificava tale motivazione asserendo che ci si trovava in assenza di un titolo autorizzativo per poter aprire la mia attività per l’anno 2019, titolo invece in mio possesso dal lontano 2007. IL 31 maggio di quest’anno – prosegue la Papandrea – il Comune emetteva ordinanza di sgombero rivolta a 5 chioschi tra cui anche il mio, del suolo demaniale occupato, condizione sanata per quattro attività, inspiegabilmente irreversibile per la mia struttura, particolare quest’ultimo, che lascerebbe intendere motivazioni ben al di la delle questioni strettamente legali o procedurali. Giova ad una maggiore chiarezza, il mio voler ricostruire brevemente alcune delle fasi della vicenda. Do inizio alla prima stagione nell’agosto del 2007 quando chiedevo al Demanio autorizzazione necessaria per lo svolgimento di una attività commerciale. L’ente in questione mi dava un’Autorizzazione Demaniale di 30 giorni; mi veniva successivamente comunicato che dal 31 dicembre dello stesso anno sempre il demanio avrebbe ceduto ai comuni la gestione del suolo demaniale, e che questo stesso avrebbe provveduto a darmi concessione per gli anni successivi.

Dal 2008 ricevevo una C.D.M concessione dal 01/05 al 31/09 e poi ancora nel 2009,2010,2011,2012 ricevevo dall’Ufficio Tecnico Urbanistica rinnovi dell’autorizzazione o concessioni stagionali dal 01/06 al 15/09 di ogni anno; Mi veniva chiesto di conformarmi alle regole vigenti e quindi di decoro urbano e messa in sicurezza e questo comportava investimenti importanti che non senza sacrifici ho puntualmente provveduto a realizzare. Arriviamo – prosegue la nota – al giugno del 2013 data in cui il Comune mi rilasciava un documento demaniale rinnovando il documento del 2008 con validità fino al 31/12/2020 avvalendosi della legge n.221 del 17/12/2012 . Nello stesso anno la dirigenza dell’Ufficio Tecnico (motivo pensionamento) passava nelle mani del nuovo dirigente che nell’estate del 2014 mi rilasciava invece un altro documento da lui stesso redatto lasciando in stand-by quello sopra menzionato. La motivazione, sempre data verbalmente, asseriva che mancavano alcuni passaggi importanti che potevano essere fatti solo a piano spiaggia ultimato. Vengo a conoscenza oggi che una sentenza del Tar recita: “In mancanza di Piano Spiaggia, un soggetto che fa richiesta di una Concessione Demaniale, questa non può essere negata giustificando tale diniego con l’assenza del piano spiaggia stesso”. Non esperta della materia ho sempre creduto nella buona fede di chi gestiva la mia posizione pur accorgendomi che man mano che passavano gli anni,i giorni autorizzati all’apertura dell’attività erano sempre meno e la posizione della mia autorizzazione/concessione diveniva sempre piu’ ingarbugliata molto chiara invece fino al 2013,fino a sentirmi dire oggi che non ho alcun titolo autorizzativo per poter aprire. Ho ripercorso tutta la documentazione in mio possesso dal 2007 al 2018 e mi sono resa conto che i documenti emanati e tenuti dormienti dal Comune non era uno ma due e meglio specificati nella relazione tecnica del professionista cui ho affidato incarico. Pur non volendo pensare male, pur rimanendo sempre nella mia consueta buona fede, alla luce di quanto emerso, mi chiedo se sia solo un caso oppure sia stato studiato nel tempo un progetto atto a far progressivamente scomparire la mia attività. Detto questo, a stagione estiva ormai praticamente compromessa vorrei quanto meno che venisse fatta luce su questa assurda vicenda che mi vede mio malgrado nella veste di parte lesa sotto il profilo economico, sociale e morale. Il mio appello – conclude la Papandrea – rivolto nuovamente al primo cittadino è volto ad un’assunzione di responsabilità che dovrebbe essere sempre in capo a chi, come un primo cittadino è stato delegato dai cittadini alla tutela del bene comune e dell’interesse delle comunità da esso amministrate”.

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