A Messina tornano i “No Ponte”: un manipolo di disadattati che protesta contro se stessi

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Domani a Messina un inverosimile corteo dei No Ponte per protestare contro un’opera che non c’è e che nessuno (purtroppo) oggi vuole fare

Lo Stretto di Messina senza Ponte è il simbolo del declino, del sottosviluppo e dell’arretratezza del Sud Italia, un tempo culla del progresso e della civiltà nonchè emblema delle grandi opere dei tempi classici dalla Magna Grecia all’Impero Romano. Si tratta di un’opera così straordinaria per scienza e tecnologia, quanto ormai banale per tutti quei Paesi del mondo progrediti e sviluppati in cui la realizzazione manufatti di tale portata è diventata negli ultimi decenni all’ordine del giorno. Se, invece, tra Calabria e Sicilia siamo ancora così lontani, costretti a vecchie, lente, scomode e inquinanti navi traghetto, lo dobbiamo proprio alla miope soccocultura dei “piccoli passi” e delle “priorità“, quella degli idioti che “anzichè pensare di andare sulla Luna o su Marte, pensassero a sfamare il mondo” (licenza redazionale e non citazione, perchè solitamente quelli che scrivono queste fandonie lo fanno con ben altro linguaggio non conoscendo neanche la declinazione del congiuntivo). Gente che ci vorrebbe ancora fermi all’età della pietra. Una sottocultura che purtroppo è diventata dominante nel nostro territorio, da anni governato a tutti i livelli da elementi No-Ponte certamente complici del declino del Sud.

Nessun governo della Repubblica, dopo la caduta dell’ultimo esecutivo di Berlusconi nel 2011, s’è mai impegnato (ne’ con fatti concreti ne’ almeno a parole) per il Ponte sullo Stretto, bocciato definitivamente dal premier Monti otto lunghissimi anni fa e mai più ripreso in considerazione.

L’attuale governo grillino-leghista si è sempre detto contrario: l’ottusità dei grillini è quella peggiore, perchè contraria a prescindere ad ogni tipo di grande opera, mentre Salvini è favorevole a tutte le grandi opere purchè si facciano al Nord. Ovviamente il leader della Lega porta avanti gli interessi del proprio territorio e si prodiga per lo sviluppo dell’area già più evoluta del Paese che maggiormente gli sta a cuore. Un punto di vista più che comprensibile (il suo), che dovrebbe invece portare a riflettere tutti coloro che lo votano e lo sostengono dalle Regioni meridionali. Ma questo è un altro discorso … Torniamo al Ponte, e allo Stretto.

Anche a Reggio e Messina, in Calabria e Sicilia, da molti anni governano i No-Ponte. Accorinti e Crocetta hanno guidato Messina e la Sicilia per cinque anni, Falcomatà e Oliverio rispettivamente la città di Reggio e la Regione Calabria per un periodo altrettanto lungo. Nessuno vuole il ponte (sigh!) e non c’è alcuna speranza concreta che l’iter per realizzarlo possa davvero ripartire.

Ci chiediamo allora che senso abbia il “corteo” annunciato per domani a Messina, ammesso che si farà. Già, perchè nella pagina facebook ufficiale dell’evento appena 268 persone hanno cliccato su “parteciperò“. E di solito il numero dei partecipanti (virtuali) su facebook è di gran lunga superiore a quelli (reali) della piazza. Giustamente anche movimenti e associazioni No-Ponte, come “Cambiamo Messina dal Basso”, si sono defilati da un’iniziativa fuori tempo e fuori luogo: contro che cosa protestano? E contro chi? Semmai i No-Ponte dovrebbero oggi festeggiare, e al contrario potrebbero scendere in piazza a protestare i gruppi e i comitati favorevoli alla realizzazione della grande opera.

Sembra soltanto una scusa per fare un po’ di bordello, com’è sempre piaciuto a questi gruppi antagonisti, violenti e facinorosi di No Ponte, No Tav, centri sociali e via dicendo. Un manipolo di disadattati che protesta contro se stessi. E senza Ponte, questo territorio continua a morire nella mediocrità di ogni giorno. Nell’ignoranza diffusa e dilagante che ritiene un Ponte che non c’è colpevole di chissà quali sventure mentre ancora si continua a vivere nelle baracche e viaggiare sulle littorine. Un territorio che continua a morire ogni giorno nel sottosviluppo di una società chiusa e provinciale che all’alba del terzo millennio è diventata il nuovo terzo mondo.

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