La Sicilia protagonista per i “Teatri del Sacro”: debutta anche una compagnia teatrale di Messina

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Da Messina Nutrimenti Terrestri presenta 82 Pietre, mentre la compagnia calabrese Nastro di Möbius presenta “U figghiu”, in dialetto siciliano

La Sicilia è grande protagonista della sesta edizione de I Teatri del Sacro che si terrà ad Ascoli Piceno dal 19 al 23 giugno, il Festival, che quest’anno compie dieci anni di attività, ha scelto di premiare due storie profondamente legate al rapporto fra l’isola e il sacro, passando per due temi di bruciante attualità come la violenza sulle donne e la disabilità mentale.

Nutrimenti Terrestri, storica compagnia di Messina, debutterà in prima nazionale il 20 giugno alle 18 al Teatro Ventidio Basso con 82 Pietre, un testo scritto appositamente per il festival da Simone Corso, anche regista e interprete con Antonio Alveario e Adriana Mangano.

Una ragazza si aggira, nuda e smarrita, per le strade innevate di un piccolo paese montano. Manca di tutto, le mancano i vestiti, le manca la voce. Ha una sola cosa, con sé. Un piccolo sacco, con dentro 82 pietre. Lo spettacolo ha tutte le caratteristiche del giallo, il testo segue infatti l’indagine relativa all’identità della misteriosa straniera e alla sua repentina apparizione, affidata al maresciallo Fugazzotto e al brigadiere Sciacca. Chi è, questa ragazza comparsa dal nulla? Perché non reagisce, non risponde alle domande, si comporta come se ciò che la circonda non esistesse? E che effetto avrà, sul mondo abitudinario e chiuso in sé stesso del paese nascosto tra i monti, la sua comparsa? Lo spettacolo invita alla riflessione sulla contemporaneità, su un universo dominato da immagini di ogni tipo, eppure propenso a chiudere gli occhi quando ciò che gli si para davanti sconvolge i canoni rassicuranti della norma.

Scritto e diretto da Saverio Tavano, “U figghiu” della compagnia Nastro di Möbius sarà invece ad Ascoli il 22 giugno al Teatro dei Filarmonici, in prima nazionale. Ambientato il giorno di Pasqua in un piccolo paese siciliano, il testo è fortemente connotato dalla musicalità e dalla lingua siciliana.

E’ un giorno di festa, di giubilo, il paese attende la tradizionale processione… ma qualcosa non va. “Hanno rubato la corona di spine dalla statua della Passione di Cristo!”, borbottano indispettiti i paesani. Il colpevole è noto a tutti: è Saro, un trentenne schizofrenico che, commesso il furto, si è barricato in casa, e non lascia entrare nessuno. Nella sua follia, crede quella piccola coroncina di metallo gli spetti. Crede di essere lui, la rincarnazione del Cristo sofferente.

Chiusi fuori da casa loro, alla mercé delle malelingue del paese, ci sono Nino e Concetta, i genitori del ladro. Un uomo e una donna che, per amore del figlio malato, hanno sopportato sacrifici, abnegazioni, l’ipocrisia maligna dei loro vicini. Eppure, Nino e Concetta non si sono mai rassegnati, non si sono mai arresi. Concetta, in particolare, difende con amore materno la purezza, quasi divina, insita nella follia del figlio, nella dedizione totale e infantile alle sue convinzioni. E sarà proprio Concetta, forte della dolcezza del suo amore materno, a ristabilire l’ordine nel paese, facendo udire a Saro la sua voce: quella della donna che non smetterà mai di volergli bene.

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