Reggio Calabria, clamorosa svolta nelle indagini per l’omicidio Scopelliti: confermato l’accordo mafia-‘ndrangheta, indagati 17 “super Boss” e affiliati delle cosche [NOMI e DETTAGLI]

StrettoWeb

Reggio Calabria, la Procura ha aperto una nuova inchiesta sull’omicidio del giudice Antonino Scopelliti: dopo 28 anni si può fare piena luce su uno dei delitti più efferati della criminalità organizzata

La Procura distrettuale di Reggio Calabria ha indagato 17 tra boss e affiliati a cosche mafiose e di ‘ndrangheta in relazione all’omicidio del sostituto procuratore generale della Corte di cassazione Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto del 1991 in località “Piale” di Villa San Giovanni mentre faceva rientro a Campo Calabro, quando aveva appena 56 anni. L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo. Tra gli indagati figura anche il boss latitante Matteo Messina Denaro. L’omicidio del giudice reggino venne deciso da un’alleanza tra mafia e ‘ndrangheta: l’ipotesi, già più volte esplicitata negli anni dagli investigatori, è stata confermata dall’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che adesso coinvolge boss siciliani e calabresi. Di questo avrebbe parlato il pentito catanese Maurizio Avola. Anche un altro collaboratore, Francesco Onorato, nel processo sulla ‘ndrangheta stragista, ha sostenuto che Scopelliti fu ucciso dalle ‘ndrine per fare un favore a Totò Riina che temeva l’esito del giudizio della Cassazione sul maxiprocesso a Cosa nostra. L’ipotesi del’accordo mafia-‘ndrangheta era stata presa in esame sin dall’epoca del delitto, anche perchè Scopelliti doveva sostenere l’accusa nel maxi processo in Cassazione alla mafia. Tant’è che i vertici della “cupola” finirono a processo. Boss del calibro di Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nitto Santapaola ed i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, furono però assolti in via definitiva dall’accusa di avere svolto un ruolo nell’assassinio dell’alto magistrato.

In modo più specifico, l’omicidio di Scopelliti venne stabilito in un summit mafioso svoltosi nella primavera del 1991 a Trapani cui partecipò anche Matteo Messina Denaro. Lo avrebbe detto il pentito catanese Maurizio Avola al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo che coordina la nuova inchiesta sul delitto. Pochi mesi dopo, il 9 agosto 1991 in località “Piale” di Villa San Giovanni mentre Scopelliti faceva rientro a Campo Calabro dove era nato e dove trascorreva le vacanze, un commando composto da siciliani e calabresi entrò in azione uccidendolo.

Omicidio Scopelliti: 17 indagati, ecco tutti i nomi

Oltre a Matteo Messina Denaro, sono coinvolti altri 6 siciliani, i catanesi Marcello D’Agata, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Vincenzo Salvatore Santapaola, Francesco Romeo e Maurizio Avola. Sono 10 gli indagati calabresi: Giuseppe Piromalli, Giovanni e Paquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti. Nuovo impulso alle indagini è venuto dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia catanese, Maurizio Avola, che ha anche fatto ritrovare, nell’agosto scorso, il fucile che sarebbe stato utilizzato per uccidere Scopelliti. Arma che era nascosta nel catanese.

Gli indagati per l’omicidio Scopelliti, ad eccezione, ovviamente, del latitante Matteo Messina Denaro, hanno ricevuto un avviso di garanzia finalizzato all’affidamento di una perizia tecnica sul fucile ritrovato nell’estate scorsa nel catanese e che sarebbe, secondo un pentito, una delle armi usate per l’omicidio del magistrato. L’affidamento peritale dovrebbe avvenire nei prossimi giorni. I tecnici dovranno analizzare il fucile calibro 12, 50 cartucce Fiocchi, un borsone blu e due buste, una blu con la scritta “Mukuku casual wear” ed una grigia con scritto “Boutique Loris via R. Imbriani 137 – Catania” alla ricerca di tracce genetiche, balistiche e impronte che potrebbero trovarsi sui reperti e che potrebbero risultare decisive per le indagini. Essendo accertamenti irripetibili, è necessaria la presenza di tecnici nominati dagli indagati. Da qui la necessità di dare comunicazione agli indagati per permettere loro di nominare propri consulenti.

Secondo quanto emerso dall’inchiesta, i rapporti tra mafia e ‘ndrangheta sono oggi ancora molto solidi.

L’accordo mafia-‘ndrangheta dopo l’omicidio di Scopelliti è proseguito per la stagione delle stragi

L’accordo mafia-‘ndrangheta che sta dietro l’omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, come evidenzia la nuova inchiesta della Dda di Reggio Calabria, sarebbe proseguito anche dopo, nell’attacco allo Stato portato tra il 1993 ed il 1994 in quella che fu definita la stagione delle “stragi continentali” con gli attentati di Firenze, Milano e Roma. Sempre la Dda di Reggio Calabria, infatti, ha portato a termine un’inchiesta, adesso arrivata in fase processuale, dalla quale e’ emerso che la ‘ndrangheta fu protagonista, al pari della mafia, di quella stagione. Nell’inchiesta, denominata “‘Ndrangheta stragista“, sono imputati il capo mandamento del rione Brancaccio di Palermo Giuseppe Graviano, fedelissimo di Totò Riina, e Rocco Santo Filippone, legato alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro, ritenuti i mandanti degli attentati ai danni dei carabinieri compiuti nel 1994 a Reggio Calabria. Attentati che provocarono la morte di due militari ed il ferimento di altri due e che, secondo gli inquirenti reggini si inquadrano nel contesto della strategia stragista che ha insanguinato il Paese nei primi anni ’90. Gli attentati contro i carabinieri, infatti, secondo la Dda e la Polizia di Stato che ha condotto le indagini, non vanno letti ciascuno in maniera singola ed isolata, ma vanno inseriti in un contesto di piu’ ampio respiro e di carattere nazionale nell’ambito di un progetto criminale, la cui ideazione e realizzazione e’ maturata non all’interno delle cosche di ‘ndrangheta, ma si e’ sviluppata attraverso la sinergia, la collaborazione e l’intesa di organizzazioni criminali, che avevano come obiettivo l’attuazione di un piano di destabilizzazione del Paese anche con modalita’ terroristiche.

Omicidio Scopelliti: ipotesi sicari dalla Sicilia

Il magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti potrebbe essere stato ucciso da sicari venuti dalla Sicilia. E’ l’ipotesi investigativa che emerge nella nuova inchiesta sull’agguato che vede 17 nuovi indagati tra cui il boss Matteo Messina Denaro. Lo ha detto all’ANSA il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. “Con questa indagine – ha spiegato il magistrato – riacquista vigore la pista mafiosa gia’ emersa con i processi celebrati nel ’94 e ’98. All’epoca, pero’, si parlava solamente di mandanti e non di esecutori. Si diceva che c’era un patto tra ‘ndrangheta e Cosa nostra, pero’ si pensava all’ideazione, alla progettazione e al mandato omicidiario dalla Sicilia agli ‘ndranghetisti calabresi. Oggi, la nuova proiezione investigativa fa ritenere che anche gli esecutori, pur godendo di appoggi della ‘ndrangheta locale, siano venuti dalla Sicilia, che anche nella fase esecutiva Cosa nostra abbia svolto un ruolo fondamentale“.

Il pentito Maurizio Avola e le “attente valutazioni” della Procura di Reggio Calabria

Il pentito di mafia Maurizio Avola, “sicario” della famiglia Santapola, che con le sue dichiarazioni ha impresso un’accelerazione all’inchiesta sull’omicidio del magistrato di Cassazione Antonino Scopelliti, ha iniziato a collaborare con gli inquirenti siciliani nel 1994 ma solo recentemente avrebbe iniziato a parlare con i magistrati calabresi. L’uomo, che ha già confessato poco meno di un centinaio di omicidi, fra cui quello del giornalista Giuseppe Fava, infatti, solo negli ultimi anni, secondo quanto si è appreso, avrebbe iniziato a parlare del delitto Scopelliti e dell’intesa tra mafia e ‘ndrangheta che starebbe dietro l’omicidio. Un aspetto che anche gli inquirenti intenderebbero chiarire. Un dato, ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, “che ci fa ritenere di valutare con grande attenzione, con grande approfondimento quello che dice. E’ evidente che il gap temporale tra l’inizio della collaborazione e le dichiarazioni sull’omicidio richiedono una maggiore attenzione, un maggiore approfondimento in collaborazione con le Dda che si sono occupate di lui. Siamo in collegamento, tramite la Dna, con le procure di Palermo, Caltanisetta e Catania. Ogni sua valutazione viene vagliata attentamente ma sicuramente non possiamo ignorare le sue dichiarazioni, in particolare dopo il rinvenimento del fucile che potrebbe essere quello utilizzato per il terribile attentato“.

Forza Italia chiede l’audizione della Procura di Reggio Calabria in Commissione Antimafia

A seguito degli sviluppi emersi dalle indagini della Procura di Reggio Calabria in merito all’omicidio di Antonino Scopelliti ritengo urgente l’audizione in Commissione della Procura distrettuale di Reggio Calabria, ed in particolare del dottor Giovanni Bombardieri“. Lo scrivono al presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, la vice presidente Jole Santelli, il capogruppo Andrea Vitali e tutto il gruppo di Forza Italia in commissione. “L’omicidio di Antonino Scopelliti – scrivono Santelli e Vitali a Morra secondo quanto riferisce una nota – puo’ essere considerato il primo atto della ‘stagione delle stragi’ che insanguinarono l’Italia negli anni 92/93. Pertanto, risulta di estrema importanza comprendere i nuovi sviluppi prospettati dalla Procura di Reggio Calabria non solo al fine di acquisire maggiore notizie rispetto alla tragica uccisione del procuratore Scopelliti ma anche per la lettura d’insieme degli anni successivi“.

Morra su facebook: “lo Stato combatte le mafie senza farci trattative…”

Per eliminare un valoroso uomo di Stato come il sostituto procuratore Antonino Scopelliti, che avrebbe dovuto rappresentare l’accusa nel maxi processo a Palermo contro la mafia, Cosa nostra e la ‘ndrangheta arrivarono ad allearsi. Ora fra i 17 boss ed affiliati indagati per quell’omicidio c’e’ anche il superlatitante Matteo Messina Denaro. E’ dal 1991 che si cerca di fare giustizia su questo caso. Non e’ facile quando gli indagati sono latitanti. Ma alcuni collaboratori di giustizia stanno squarciando le tenebre che avevano avvolto quella morte. Anche se lentamente, prima o poi la giustizia arriva per tutti, quando lo Stato vuole. Perche’ lo Stato vero la mafia la combatte e la persegue, senza farci trattative…“. Lo afferma in un post su Facebook il presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra.

Condividi