Reggio, Tripodi: “la Piana è diventata terreno fertile per predicazioni xenofobe e populiste. Si intervenga concretamente per risollevarla”

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Il sindaco di San Ferdinando scrive una riflessione indirizzata al governatore Oliverio: “si intervenga con un progetto concreto volto a risollevare la Piana”

Il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, ha scritto una riflessione indirizzata al governatore Mario Oliverio sulla situazione della Piana di Gioia Tauro. Il sindaco ritiene che, negli ultimi mesi, il territorio è stato “sfruttato” come terreno fertile per predicazioni xenofobe e dichiarazioni populiste. Secondo Tripodi “le spinose vicende della tendopoli di San Ferdinando e, ancora di più, le incandescenze del fenomeno migratorio hanno messo in evidenza, in questi mesi, i limiti, le angustie, le fragilità della Piana che, da sempre terreno di predazione è, oggi, diventata libera prateria per le incursioni populiste e le predicazioni xenofobe. E non le danno sicuramente conforto tutti gli accidiosi, dal cuore piccolo e dallo sguardo miope, incapaci di cogliere l’importanza strategica di quest’area il cui sviluppo produttivo potrebbe virtuosamente contagiare tutte le realtà circostanti”.

Nella Piana, infatti, esiste una realtà portuale che per le sue caratteristiche corografiche e infrastrutturali è una delle più importanti del Mediterraneo, un’area industriale interessata dalle agevolazioni della ZES e un comparto agroalimentare che chiede solo di essere liberato dalle opprimenti grinfie parassitarie per dispiegare tutte le sue potenzialità e competere con successo sui mercati internazionali. A fare da contrappeso, esistono, innegabilmente, numerose criticità che condizionano lo sviluppo della Piana e il vissuto individuale e collettivo dei suoi abitanti. Si chiamano: oppressione ‘ndranghetistica; massiva e irrisolta presenza dei migranti; assenza di una armatura urbana efficiente e civile, per indicare soltanto alcune delle emergenze più vistose di una condizione di ostacolo oggettivo e di grave deprivazione che, però, non può diventare alibi per giustificare distanza o indifferenza. Il nodo che bisogna sciogliere diventa, allora, un altro ed è racchiuso in una semplice domanda: davanti a questa realtà così contraddittoria, attraente e repulsiva, ricca di risorse eppure così disadorna, quali ragioni e quali sentimenti dobbiamo fare emergere? Quelli della rassegnazione e dell’accidia o quelli dell’accudimento e della paternità? La risposta è ovvia e nasce dal comune amore verso questa terra e la sua cultura! Ma proprio la sua spontaneità postula una riflessione collettiva a cui deve seguire, poi, un progetto politico che definisca obiettivi, tempi, modi, risorse e governance” prosegue.

“E’ necessario, cioè, dare vita ad un ripensamento critico e poi ad una pianificazione ragionata e
articolata che rimuova ostacoli, liberi energie e apra nuove opportunità” conclude.

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