La resa di Falcomatà, il Sindaco capitola dopo 4 anni: “questo Comune è ingessato, paralizzato, per colpa di chi c’era prima”. Ma allora perché vuole ricandidarsi nel 2019?

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Il Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà dopo quasi 4 anni di amministrazione cittadina si lascia andare ad un’arringa arrendevole durante un consiglio comunale: “questo Comune è ingessato, paralizzato”. Ovviamente “per colpa di chi c’era prima…”

Il Sindaco Falcomatà alza bandiera bianca: è la resa del primo cittadino di Reggio Calabria, eletto il 26 ottobre 2014 (tra meno di tre mesi saranno 4 anni esatti!) con il 61% dei consensi e una grande fiducia da parte dei cittadini per quel giovanotto che prometteva grandi speranze di rinascita dopo due anni e due mesi di disastroso commissariamento. Proprio in quei due anni e due mesi i commissari – che non dovevano rispondere ad alcuna logica democratica quindi avevano meno a cuore le tasche dei cittadini rispetto a quanto non possa avere un politico che deve rispondere alla gente nelle urne – avevano deliberato il Piano di Rientro del Comune segnando le sorti della città per gli anni successivi. E l’aumento al massimo delle tasse comunali non era l’unica strada percorribile per riordinare i conti: con le politiche dell’austerità, tutti gli enti locali si sono ritrovati a corto di denari per il taglio delle entrate dallo Stato e dall’Unione Europea, eppure molti altri Comuni – pur con debiti molto più alti di Reggio Calabria – se la sono cavata senza gravare sulle tasse della propria gente.

A Reggio, ad esempio, l’ex Sindaco Arena aveva deciso di monetizzare l’enorme patrimonio edilizio del Comune e contemporaneamente di lasciare invariate le tasse (che ai tempi, anno 2011, erano ancora ai minimi storici) incrementando gli indici di riscossione. Che senso ha alzare le tasse se poi la gente non le paga? In questo modo il Comune può mettere a bilancio cifre più alte, che poi però non vedrà mai. E soltanto con la vendita del Miramare, si potevano racimolare quei 15 milioni di euro che rappresentavano il 20% di tutto il disavanzo comunale. I numeri sono ufficiali: nel 2011 il disavanzo del Comune era di 129 milioni di euro, nel 2012 era già sceso a 111 milioni, nel 2014 i commissari consegnavano a Falcomatà una città con appena 87 milioni di disavanzo. Una situazione che per molte città (da Roma a Torino, da Parma ad Alessandria, da Napoli a Palermo fino alla vicina e dirimpettaia Messina) sarebbe stata invidiabile.

Falcomatà arrivava con i migliori auspici anche sotto questo aspetto: la gente si aspettava un calo delle tasse, un miglioramento dei servizi, un riordino della città e della macchina comunale. Sono passati 4 anni, e nulla di tutto questo è stato fatto. I servizi sono peggiorati ulteriormente (nessuno credeva neanche che fosse possibile!), le tasse sono rimaste ai massimi storici, la macchina comunale è allo sbando più che mai. E secondo le ultime delibere della Corte dei Conti, persino la situazione finanziaria è peggiorata ulteriormente. Falcomatà ha stoppato la vendita del patrimonio edilizio del Comune per “salvare i gioielli della città” (eppure molti edifici sono tutt’altro che “gioielli“), e abbiamo tutti sotto gli occhi ogni giorno com’è ridotto il Miramare, completamente abbandonato al degrado e all’incuria. Potrebbe fruttare un tesoro nelle casse del Comune e al tempo stesso potrebbe diventare una struttura che – se gestita da un’azienda privata, preferibilmente una multinazionale del turismo di lusso – diventerebbe davvero fiore all’occhiello, darebbe posti di lavoro e occupazione, e colmerebbe quello che è oggi il grande vuoto della città completamente priva di strutture alberghiere con determinati standard di qualità. Sarebbe stato il modo migliore per prendere ben tre piccioni con una fava, invece Falcomatà s’è tenuto il Miramare per provare a regalarlo agli amici degli amici ed è finito addirittura sotto inchiesta. Sulla pelle della città.

Non contento di 4 anni di cattiva gestione, ieri in Consiglio Comunale il Sindaco reggino s’è lasciato andare ad una durissima arringa contro le fila dell’opposizione di centro/destra, poi pubblicata anche in un video sulla sua pagina facebook. Falcomatà ha per l’ennesima volta utilizzato il passato come alibi, riprendendo le motivazioni depositate dalla Corte di Cassazione sulla vicenda Fallara che ha determinato l’arresto dell’ex sindaco Giuseppe Scopelliti, ancora in carcere ad Arghillà.

Giova ricordare che le vicende oggetto del processo Fallara e dell’arresto di Scopelliti sono relative al triennio 2008-2010, e che il Centro/Destra non governa più la città dall’ottobre 2012 quando il Comune venne commissariato. Non entriamo quindi neanche nel merito di questioni che, dopo così tanto tempo, spettano più alla storia che all’attualità. Ma vorremmo ricordare all’attuale Sindaco di Reggio Calabria che a Palazzo San Giorgio da sei anni (6!) non c’è più il centro/destra, bensì prima i commissari (ai tempi voluti, richiesti e auspicati dallo stesso Pd) e poi proprio Falcomatà che governa il Comune da quasi 4 anni. E che i fatti relativi al caso Fallara sono addirittura di dieci (10!!!) anni fa.

falcomatà praticò regginaE’ un po’ come se Praticò per giustificarsi dei problemi della Reggina di oggi dicesse che è tutta colpa del calciomercato dell’estate in cui Foti ha ceduto Bianchi, Tedesco, Foggia, Mesto, Lucarelli e Mazzarri, prendendo FiccadentiStadsgaard, Tullberg, Joelson e Valdez. Sono passati dieci anni? Pazienza: è più comodo prendersela con chi c’era prima…

Giova ricordarlo perché Falcomatà continua ad addossare tutte le colpe della propria inefficienza a diverse ere geo-politiche fa. L’attuale Sindaco sembra alzare bandiera bianca quando dice che “abbiamo un piano di riequilibrio che ci impedisce di contrarre mutui, e un’amministrazione che non può contrarre mutui – se non fa riferimento a fonti esterne all’ente – è un’amministrazione ingessata, paralizzata, che non può operare. Uno dei vincoli del piano di rieqlilibrio è l’impossibilità dell’ente di avere concesso un mutuo“. Una resa politica che cozza però col fatto che queste cose Falcomatà le sapeva bene anche quando aveva deciso di candidarsi, e aveva promesso una “svolta” e addirittura una “nuova primavera” che oggi ritiene di non poter realizzare. E che infatti non ha realizzato. Sicuramente non sarebbe mai stato eletto se in campagna elettorale avesse chiaramente detto queste cose, anziché dirle adesso con il sapore della presa in giro. Difficile comprendere poi com’è che Falcomatà abbia tutta questa spasmodica voglia di ricandidarsi alle comunali del 2019 nonostante ritenga che, ovviamente “per colpa di quelli che c’erano prima” e di storie di dieci anni fa, “quest’amministrazione è ingessata, paralizzata, non può operare“.

Ovviamente le cose non stanno così, e Falcomatà sembra avere un approccio alla gestione del potere tipico della prima repubblica: così tanto legato alla propria poltrona, scarica su altri le responsabilità dei propri sbagli e tenta in tutti i modi di mantenere quel minimo di consenso necessario a giocarsi la prossima partita elettorale. Un modo antico e (per fortuna) superato della gestione del potere.

In realtà i soldi sono l’ultimo problema di Reggio Calabria e dell’Amministrazione Comunale. Qui mancano idee, progetti, strategie. E i soldi non servono: qualsiasi opera realizzata da un Comune, viene finanziata con appositi canali (nazionali o internazionali, cioè i Ministeri competenti se si tratta ad esempio di infrastrutture o politiche sociali, e soprattutto l’Unione Europea), o incentivando le azioni dei privati.

Il bellissimo Lungomare non è stato certo realizzato con i soldi del Comune, lo stadio Granillo non è stato realizzato con i soldi del Comune, il Centro Sportivo Sant’Agata non è stato realizzato con i soldi del comune, il Tapis Roulant non è stato realizzato con i soldi del Comune, piazza Castello, piazza Carmine, piazzetta Orange e più recentemente piazza Duomo non sono certo state realizzate con i soldi del Comune, la stazione marittima del porto non è stata realizzata con i soldi del Comune, il Parco Caserta non è stato realizzato con i soldi del Comune. Qualsiasi cosa si sia sempre fatta a Reggio, non è mai stata realizzata con i soldi del Comune (non sarebbe stato neanche immaginabile), ma in ogni caso s’è trattato di idee e progettualità che hanno avuto l’apprezzamento di Ministeri e Unione Europea da cui s’è ottenuto il finanziamento, o più raramente hanno trovato il supporto dei privati (come nel caso della Reggina Calcio al Sant’Agata).

E Falcomatà, in realtà, di soldi ne ha sprecati tantissimi: ha detto “no” al Waterfront di Zaha Hadid già finanziato con oltre 100 milioni di euro di fondi comunitari (c’erano più soldi per quel progetto straordinario che tutto il disavanzo del Comune, ma sarebbe stato terribile per il giovane sindaco Pd dare continuità ad un’idea partorita da quel Satana di Scopelliti), lo stesso Tapis Roulant rientrava in un più ampio progetto di trasporto pubblico che aveva già superato gli step burocratici dei finanziamenti comunitari. E su nuovi bandi, il Comune di Reggio Calabria s’è posizionato ultimo finendo fuori graduatoria e perdendo ulteriori finanziamenti. Il problema, quindi, non sono i soldi ma le idee. Lo conferma, inconsapevolmente, lo stesso Falcomatà nella sua arringa in consiglio comunale quando dice che “tutto quello che noi facciamo (?!? verrebbe da chiedersi cosa, ndr) lo facciamo con devoluzioni di mutui già accesi, con i patti per il sud, con il decreto Reggio, con i fondi comunitari, con i bandi periferie. Fine delle trasmissioni“. E perbacco, “fine delle trasmissioni” come se fosse poco. Con i mutui già accesi, i patti per il sud, il decreto Reggio, i fondi comunitari, e i bandi periferie si potrebbe ridisegnare tutta la città, se solo ci fossero idee e progetti per farlo. I soldi sono l’ultimo dei problemi.

Pur senza soldi, infatti, qualcosina di buono in questi anni l’abbiamo vista. Almeno all’inizio, nel 2015, quando l’allora Assessore ai Lavori Pubblici Angela Marcianò era riuscita a dare una smossa alla macchina comunale, riportando decoro e ordine in molte zone della città con interventi ad hoc per ripristinare la funzionalità di fontane, giardini, panchine e illuminazione. E un altro Assessore, Agata Quattrone, senza spendere un centesimo aveva ideato le Domeniche sul Lungomare, chiudendo al traffico la via Marina nei mesi estivi e regalando alla città, ai bambini, ai ragazzi e alle famiglie uno spazio in cui giocare a palla, in bici, con i pattini o semplicemente passeggiare respirando aria più pulita e in modo spensierato.

Falcomatà ha silurato entrambe: sia Marcianò che Quattrone sono state cacciate dalla Giunta e di quel minimo di decoro e di novità che le due donne avevano portato a Reggio Calabria non è rimasto più nulla.

Insomma, Falcomatà si arrampica sugli specchi. Ma la scivolata più grave la fa sul lavoro e sui dipendenti comunali. “Non possiamo assumere“, ovviamente sempre per colpa di chi c’era prima, “e abbiamo pochi dipendenti, ce ne servirebbero di più“. Alzi la mano chi crede che il problema del Comune di Reggio Calabria siano i pochi dipendenti!!! Falcomatà dovrebbe innanzitutto chiarire se si riferisce a dipendenti comunali diretti, o anche alle società in house come Castore, che ha di recente bandito un concorso per assunzioni poi rivelatesi impossibili al punto che lo stesso cugino del Sindaco, nominato amministratore delegato della società, si è persino dimesso.

Anziché inaugurare la Diga del Menta mentre la gente non ha acqua in casa, blaterare su fatti di dieci anni fa mentre la città è sommersa dai rifiuti, le strade piene di buche e senza illuminazione, e inventarsi qualcosa per ricandidarsi ancora una volta nel 2019, adesso Falcomatà in quest’anno che gli rimane farebbe meglio a salvare almeno la faccia. Perché di quella luna di miele dell’autunno 2014 con le persone di Reggio non è rimasta neanche una briciola.

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