Svelata da Ogs e Cnr la dinamica della frana che da milioni di anni coinvolge l’area costiera e marina a sud della città di Crotone, interessando un’area di quasi 500 km2 e uno spessore di circa 1,5 km
Un gruppo di ricerca guidato dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), in collaborazione con l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) di Venezia e con le Università di Padova, della Basilicata e della Calabria, ha fatto luce sull’origine del lento e imponente movimento franoso, definito dagli studiosi megalandslide, che da milioni di anni coinvolge il settore marino e costiero a sud di Crotone, interessando un’area di quasi 500 km2 e uno spessore di circa 1,5 km. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
Studi precedenti avevano già fornito indicazioni di un fenomeno di scivolamento massivo a scala regionale che coinvolge l’area marina crotonese e l’entroterra per qualche decina di chilometri, ipotizzando un lento movimento del bacino verso il mare. Con questo nuovo lavoro, attraverso diversi metodi di indagine geofisica – analisi di dati sismici, carotaggi profondi, nuovi rilievi morfo-batimetrici e satellitari – i ricercatori hanno ottenuto un’immagine più chiara e dettagliata del fenomeno. “Abbiamo scoperto che il megalandslide di Crotone è avvenuto in due fasi e con dinamiche differenti.
Un gruppo di ricerca guidato dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), in collaborazione con l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) di Venezia e con le Università di Padova, della Basilicata e della Calabria, ha fatto luce sull’origine del lento e imponente movimento franoso, definito dagli studiosi megalandslide, che da milioni di anni coinvolge il settore marino e costiero a sud di Crotone, interessando un’area di quasi 500 km2 e uno spessore di circa 1,5 km. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
Studi precedenti avevano già fornito indicazioni di un fenomeno di scivolamento massivo a scala regionale che coinvolge l’area marina crotonese e l’entroterra per qualche decina di chilometri, ipotizzando un lento movimento del bacino verso il mare. Con questo nuovo lavoro, attraverso diversi metodi di indagine geofisica – analisi di dati sismici, carotaggi profondi, nuovi rilievi morfo-batimetrici e satellitari – i ricercatori hanno ottenuto un’immagine più chiara e dettagliata del fenomeno. “Abbiamo scoperto che il megalandslide di Crotone è avvenuto in due fasi e con dinamiche differenti. La prima è stata innescata da un evento tettonico risalente a circa 3,7 milioni di anni fa ed è proseguita per almeno 1 milione di anni”, afferma Massimo Zecchin, ricercatore dell’Ogs, coordinatore dello studio e primo autore dell’articolo. “Questa fase è stata caratterizzata da uno scivolamento di massa verso mare (in direzione sud-est) relativamente veloce, almeno 6,7 mm/anno, e da ulteriori franamenti molto rapidi ora sigillati da sedimenti più recenti. La seconda fase, iniziata circa 500.000 anni fa, e tuttora in atto nell’area marina, ha avuto una dinamica molto più lenta, con movimenti del settore marino della frana che generalmente non superano velocità di 1 mm/anno. Grazie alle nuove analisi effettuate, abbiamo accertato che la mega frana scivola sopra una superficie di distacco basale inclinata di 3-4° verso mare, probabilmente impostata su uno strato di salgemma, che collega un dominio tettonico estensionale nel settore di entroterra con uno compressivo in quello sottomarino”.