Finisce il mito del “Modello Reggio”, ma con Scopelliti in carcere non significa dover abbandonare tutte le opere pubbliche realizzate in quegli anni
Ma ciò che invece si manifesta, con cruda evidenza e quindi senza il condizionale, è il drastico ridimensionamento del cosiddetto “modello Reggio”, nato negli anni della parabola scopellitiana ed il cui mito resiste tuttora agli occhi di tanti.
Il Comune ha così accumulato debiti su debiti, fin quando si è venuta a creare una voragine finanziaria nei conti pubblici, cui all’epoca pare nessuno ci avesse fatto caso (nemmeno i revisori dei conti), voragine che i reggini stanno pagando e che dovranno pagare ancora per molti anni con le tariffe per servizi e tasse comunali tra le più alte del Paese. In termini pratici, e senza entrare nel merito degli aspetti penalmente rilevanti, le iniziative che hanno caratterizzato il modello Reggio erano in tutta evidenza non sostenibili, cioè i loro costi erano al di sopra di ciò che la città ci si sarebbe potuto permettere.
C’è da dire che la ricerca del consenso con opere ed azioni che potessero fare presa sull’opinione pubblica è stata da sempre una pratica perseguita da tutti i governanti; per esempio, gli imperatori romani organizzavano spesso grandiosi giochi, con bestie feroci e gladiatori; per la verità c’è da aggiungere che, tuttavia, non ne facevano pagare i costi (nell’immediato e nel futuro) ai cittadini.
In termini pratici, oggi è lecito dedurre che il “modello Reggio” è stata una bufala. Ma, ciò premesso, non significa comunque che si debbano lasciare il Tapis Roulant fermo e le statue di Rabarama senza manutenzione, solo per il fatto che le ha volute Scopelliti.