Stazione Spaziale Cinese fuori controllo: sta precipitando verso la Terra, potrebbe cadere tra Calabria e Sicilia. L’avviso della protezione civile [MAPPE E DETTAGLI]

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La Protezione civile avverte che la Stazione Spaziale cinese potrebbe cadere anche in Italia “tra il 28 marzo e il 4 aprile”

La stazione spaziale cinese Tiangong 1 è il primo modulo sperimentale cinese ed è stata lanciata nel 2011 dal centro spaziale di Jiuquan nel deserto di Gobi, fino a raggiungere, con un’inclinazione orbitale di 42.78 gradi sull’equatore, un’altezza di apogeo (il punto più distante dalla Terra) di 344 km e una di perigeo (il punto più vicino alla Terra) di 197 km.

Da marzo 2016 – spiega la Protezione Civile sul suo sito – ha iniziato una lenta e progressiva discesa sulla Terra che si concluderà in una finestra temporale che si apre il 28 marzo e si chiude il 4 aprile 2018.

Di seguito ecco quanto si legge in una circolare diffusa dalla Protezione civile a tutti i ministeri e alle Regioni.

I dettagli dell’operazione

Si chiama Palazzo Celeste, un nome che nasce dalla traduzione dal mandarino della parola Tiangong, ed è la prima stazione spaziale cinese lanciata dal centro di Jiuquan il 30 settembre 2011 che sta rientrando nell’atmosfera.

Il ritorno sarebbe dovuto avvenire nell’Oceano Pacifico, ma nel marzo 2016 è iniziata una lenta e progressiva discesa della stazione in modo incontrollato. Il ritorno sulla Terra della Tiangong 1 è comunque monitorato da diversi sensori di osservazione nel suo percorso orbitale che registrano la posizione ed il tasso di decadimento

A causa della complessità dell’interazione fra la stazione spaziale e l’atmosfera terrestre, solo nelle ultimissime fasi del rientro si potranno definire meglio la data e le parti del globo terrestre coinvolte.

Tiangong 1 è stata pensata come laboratorio e stazione sperimentale per l’attracco di varie navette Shenzhou, che effettivamente l’hanno visitata tre volte, due delle quali in missioni “abitate dagli astronauti”.

La massa complessiva al lancio di 8500 kg., incluso il propellente, si è progressivamente ridotta in quanto la vita operativa pianificata inizialmente in due anni è stata ampiamente superata e una gran quantità di carburante è stato consumato per sostenere l’orbita e le condizioni di abitabilità all’interno del modulo. Si stima che la parte di propellente residuo che avrebbe permesso il previsto rientro controllato nell’Oceano Pacifico sia ancora a bordo.

Gli eventuali frammenti della Tiangong 1 che resisteranno all’attrito con l’atmosfera cadranno nella zona all’interno della fascia -44°S e +44°N di latitudine. L’area è molto ampia e costituita in gran parte da oceani e deserti, ma il raggio di impatto include anche zone di Stati Uniti, Brasile, India, Cina e Italia.

La parte d’Italia interessata è quella centro-meridionale, che parte più o meno dall’Emilia Romagna e va verso il sud.

L’Italia è coinvolta nel monitoraggio attraverso l’Agenzia spaziale italiana (Asi). Il compito di Asi è tenere sotto controllo attraverso radar e telescopi il decadimento della stazione e per far questo ha coinvolto il proprio Centro di Geodesia Spaziale di Matera.

Caratteristiche tecniche della stazione

Il modulo pesa circa 7600 kg, è lungo 10,5 metri con diametro massimo pari a 3,4 metri ed è provvisto di due ali solari.

Il satellite contiene una quantità stimata di 350 kg di propellente, 120 Kg di MMH e 230 kg di N204, in quattro contenitori da 230 litri l’uno e può rappresentare un rischio chimico di contaminazione al suolo, anche se non risultano sostanze radioattive.

Il modulo Tiangong 1 della stazione spaziale è formato da un sotto-modulo di servizio di 2,5 metri di diametro che fornisce potenza, tramite due pannelli solari di 3×7 metri, controlla assetto e orbita e gestisce le comunicazioni. E’ presente anche un sotto-modulo della stessa lunghezza ma di maggior diametro, misura infatti 3,4 metri, per condurre gli esperimenti e che ha nella sezione conica frontale un dispositivo per l’attracco con le navicelle Shenzhou.

Norme di autoprotezione

La Protezione Civile ricorda che eventi di questo tipo e casi reali di impatto sulla Terra, e in particolare sulla terraferma, sono assai rari. Pertanto non esistono comportamenti di autotutela codificati in ambito internazionale da adottare a fronte di questa tipologia di eventi.

Tuttavia, sulla base delle informazioni attualmente rese disponibili dalla comunità scientifica, è possibile fornire, pur nell’incertezza connessa alla molteplicità delle variabili, alcune indicazioni utili alla popolazione affinché adotti responsabilmente comportamenti di autoprotezione qualora si trovi nei territori potenzialmente esposti all’impatto:

• è poco probabile che i frammenti causino il crollo di edifici, che pertanto sono da considerarsi più sicuri rispetto ai luoghi aperti. Si consiglia, comunque, di stare lontani dalle finestre e porte vetrate;

• i frammenti impattando sui tetti degli edifici potrebbero causare danni, perforando i tetti stessi e i solai sottostanti, così determinando anche pericolo per le persone: pertanto, non disponendo di informazioni precise sulla vulnerabilità delle singole strutture, si può affermare che sono più sicuri i piani più bassi degli edifici;

• all’interno degli edifici i posti strutturalmente più sicuri dove posizionarsi nel corso dell’eventuale impatto sono, per gli edifici in muratura, sotto le volte dei piani inferiori e nei vani delle porte inserite nei muri portanti (quelli più spessi), per gli edifici in cemento armato, in vicinanza delle colonne e, comunque, in vicinanza delle pareti;

• è poco probabile che i frammenti più piccoli siano visibili da terra prima dell’impatto;

• alcuni frammenti di grandi dimensioni potrebbero sopravvivere all’impatto e contenere idrazina. Si consiglia, in linea generale, che chiunque avvistasse un frammento, senza toccarlo e mantenendosi a un distanza di almeno 20 metri, dovrà segnalarlo immediatamente alle autorità competetenti.

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