“I Martiri di via Fani”: 40 anni fa il rapimento di Aldo Moro e la morte degli uomini della scorta, ecco chi erano

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“Voglio ricordare quelle vittime di cui nessuno sembra voler fare memoria, quei servitori dello Stato (“S” maiuscola), di cui lo stato (“S” minuscola) spesso si dimentica”

Giusitificare le Brigate Rosse, o comunque provare anche solo a spiegare lo loro ragioni come se fossero comprensibili, dovrebbe essere equiparato, per legge, all’apologia del fascismo. Reato uno, reato anche l’altro. Da criminali gli uni, da criminali anche gli altri. Ma, ahinoi, questa idea sembra non voler attecchire nella nostra Italia moderna così intrisa di vittimismo e di poco senso del dovere. Oggi, in occasione del triste anniversario del rapimento di Aldo Moro, tutti hanno speso parole e pensieri in merito a uno dei fatti di cronaca più terribili che il nostro Paese abbia mai vissuto. Ma tra tutte queste riflessioni ce n’è una che ha avuto la particolarità e il merito di mettere da parte la retorica, di liberarsi da ogni possibile ideologia e giudizio di sorta, allo scopo di ricordare a tutti chi furono le  altre vittime di via Fani, oltre a Moro, ovvero tutti gli uomini che facevano parte della sua scorta e che, come tutte le scorte vittime di mafia e terrorismo, hanno visto una morte silenziosa da umili ‘servitori dello Stato’.

Ecco cosa scrive Luigi Lombardo, segretario generale provinciale Siap Palermo: “Sono passati 40 anni. La strage di via Fani, il successivo rapimento di Moro e la sua morte costituiscono una delle pagine più oscure della storia repubblicana della nostra Italia. Oggi non scriverò ciò che penso di quegli eventi che fecero barcollare la nostra democrazia ancora giovane e fragile, ma voglio ricordare quelle vittime di cui nessuno sembra voler fare memoria, quei servitori dello Stato (“S” maiuscola), di cui lo stato (“S” minuscola) spesso si dimentica. Carne da macello. Figli di ogni opposizione, orfani di ogni governo. Donne e uomini che devono essere “bravi” anche a morire in silenzio. Vittime veramente innocenti di OGNI barbarie. Condannati, nella morte, all’oblio.
Oggi, cari colleghi, vi voglio ricordare uno per uno:

Francesco Zizzi, Vice Brigadiere di Polizia, 30 anni;
Raffaele Iozzino Agente di Polizia, 25 anni;
Giulio Rivera Agente di Polizia, 25 anni.
Oreste Leonardi Maresciallo dei Carabinieri, 52 anni;
Domenico Ricci Appuntato dei Carabinieri, 42 anni;

Francesco Zizzi, nasce a Fasano, in provincia di Brindisi, nel 1948. Entrato nella Pubblica Sicurezza nel 1972, quattro anni dopo vince il concorso per la scuola allievi sottufficiali di Nettuno. Il 16 marzo del 1978 è il suo primo giorno al servizio della scorta di Moro. Si trova nell’Alfetta che precede la macchina di Moro, seduto al posto del passeggero. Muore a trent’anni, durante il trasporto all’ospedale.

Giulio Rivera, nasce nel 1954 a Guglionesi, in provincia di Campobasso. Nel 1974 si arruola nella Pubblica Sicurezza e viene chiamato al servizio della scorta di Aldo Moro. Il 16 marzo si trova alla guida dell’alfetta che precede la macchina del Presidente. Muore a 24 anni all’istante, crivellato da otto pallottole.

Raffaele Iozzino nasce in provincia di Napoli, a Casola, nel 1953. Nel 1971 si arruola nella Pubblica Sicurezza, frequenta la scuola di
Alessandria e viene successivamente aggregato al Viminale e quindi comandato alla scorta dell’On. Moro. Il 16 marzo del 1978 si trova nel sedile posteriore dell’Alfetta che precede la macchina del Presidente. Muore come Agente di Polizia a solo 25 anni.

Domenico Ricci, appuntato dei Carabinieri, nasce a San Paolo di Jesi, in provincia di Ancona, nel 1934. Abile motociclista, entra a far parte della scorta di Moro alla fine degli anni Cinquanta. Diviene il suo autista di fiducia e non lo lascia fino alla morte. Il 16 marzo 1978 si trova al posto di guida della Fiat 130 su cui viaggiava il Presidente della DC. A 42 anni lascia una moglie e due bambini.

Oreste Leonardi, Maresciallo dei Carabinieri, nasce nel 1926 a Torino. Mentre frequenta il II ginnasio, Oreste rimane orfano del padre che muore durante la seconda guerra mondiale. Da quel momento decide di terminare gli studi e di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri. Dopo aver lavorato in diverse sedi, viene inviato a Viterbo. Lì diviene istruttore alla Scuola Sabotatori del Centro Militare di Paracadutismo e nel 1963 viene chiamato come guardia del corpo dell’On. Aldo Moro. Il maresciallo Leonardi era l’ombra di Moro, la sua guardia del corpo più fedele: quel 16 marzo del 1978, trovandosi nel sedile anteriore della macchina del Presidente, vicino al posto di guida, è proprio lui a compiere un tentativo estremo per proteggere Moro con il proprio corpo. A 52 anni ha lasciato una moglie e due figli”.

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