Elezioni, a Reggio Calabria la “doppia morale” di Salvini: gli immigrati “a casa loro”, i candidati della Lega a casa degli altri

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Elezioni, giorni caldissimi per le candidature: ma Reggio Calabria rischia un altro scippo, stavolta da parte di Salvini che sta tentando di imporre un candidato lametino in riva allo Stretto

Autonomista, ma fino al Po. Territorialmente identitario, ma a giorni alterni. Matteo Salvini, giovane leader della Lega Nord, punta con il suo marketing elettorale e la sua invasiva presenza mediatica a scardinare la concezione territoriale nei confronti del suo partito, nel tentativo di trasformarlo in un movimento quanto più possibile nazionale e meno padano come invece si era qualificato nel corso degli ultimi decenni.

Ma nei giorni, caldissimi, delle candidature, a Reggio Calabria Salvini rischia di smascherare una doppia morale tutta leghista. Un’idea, la sua, che assomiglierebbe ad una provocazione se non fosse così terribilmente vera. Nel caldo delle trattative elettorali (“un posto qui a me, uno lì a te“), nel centro destra il domino delle candidature è partito senza ritorno. E Salvini vorrebbe piazzare un colpo, per lui intelligente ma per il territorio devastante, tentando di colonizzare anche il collegio reggino. E’ qui, nel cosiddetto “uninominale” che il segretario del Carroccio vorrebbe candidare… un lametino! Già, avete capito bene: un candidato che non arriva dal territorio reggino!

Potrebbe anche essere il titolo di un film da commedia, ma invece si tratta di una dinamica politica che, nei fatti, rischia di lasciare ancora una volta Reggio Calabria dai margini della Politica. Perché storicamente Reggio ha espresso parlamentari della sua città in tutti i partiti e i movimenti, anche (o forse soprattutto) espressione della destra reggina: da Babaro a Valentino fino a Meduri. E a maggior ragione oggi, che Reggio è una delle 10 Città Metropolitane d’Italia, la più importante e popolosa città della Regione, uno dei principali partiti dello scacchiere politico nazionale non può certo “colonizzare” in questo modo il collegio principale della Calabria.

Così Reggio rischia di finire all’angolo con la volontà di Salvini di “colonizzarla” con un suo uomo, il cui curriculum politico, tra gli altri, non è nemmeno “rintracciabile”. Nulla, o poco più.

Si tratta di Domenico Furgiuele, un ragazzo di 34 anni appena compiuti, geometra, laureato a Messina in Scienze della Formazione con curricula “Gestione e sviluppo delle risorse umane“. Non ha mai avuto alcun incarico istituzionale, ma è stato tra i primi a legarsi alla Lega nel Sud Italia e adesso dovrebbe essere certo di un posto utile in parlamento visto il suo impegno speso per la Lega al Meridione. Le cronache familiari non lo aiutano, con il suocero già coinvolto in un’operazione antimafia a cui comunque lui rimane personalmente estraneo.

Nulla contro Furgiuele, anzi una sua candidatura “a casa propria” (tanto per parafrasare uno dei motti salviniani più sentiti) non smuoverebbe altro che un nostro asettico “in bocca al lupo“. Ma la scelta di Reggio Calabria per mere logiche di spartizione del potere tra i partiti della coalizione, con Salvini a cui basta così poco per sentirsi “padrone” anche al Sud, rasenta il grottesco e smaschera una doppia morale tutta salviniana. Un fatto a cui non si può rimanere indifferenti. Una scelta irritante ed a tratti offensiva nei confronti di una città e della sua comunità che siamo certi, ha nel suo strato sociale e civile, le personalità per essere rappresentati anche in Parlamento e al Senato in qualsiasi area politica. Per Reggio, accettare quest’ennesimo scippo sarebbe davvero troppo. Provasse, il segretario della Lega, a candidare un padovano a Milano, un piacentino a Venezia, un trevigiano a Modena. Ci provasse, per vedere se la Lega “ce l’ha duro”, ancora.

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