Ceccato 98 – Strane luci

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di Enzo Cuzzola – I vecchi nelle conversazioni serali, all’imbrunire, davanti al salone di Vincenzo, raccontavano strane storie di spiriti e di fantasmi, forse per affascinarci, forse per impaurirci. Di paura addosso ce ne mettevano tanta, anche se, dato che mi piaceva udirne i racconti, chiedevo spesso che mi venissero ripetuti, scoprendo, a volte, molte contraddizioni tra la ripetizione del racconto e l’originale. Per bontà, l’attribuivo alla più o meno poca lucidità dei nostri anziani, anche se cominciavo a “sgamare” che molte erano vere e proprie balle o, almeno, fantastiche ricostruzioni di episodi, forse sì, accaduti.

Alla televisione si sentiva spesso, al telegiornale, parlare della crisi di Cuba, della guerra fredda, dei contrasti, più o meno diplomatici, tra Russia ed America. Si diceva che l’Italia fosse un territorio strategico per entrambi i contendenti. Si diceva che l’Italia fosse filoamericana, per questo vi erano molte basi missilistiche della USAF, compresa quella di Nardello sul cucuzzolo dell’Aspromonte, ma si diceva anche che il Partito Comunista fosse finanziato dalla Russia, per alimentare lo stato di tensione in Italia e per finire prima o poi per passare di mano, cruentamente o meno. Anche se, a me, anche questa storia sembrava un tantino esagerata. Avevo più volte visto in televisione i film di Peppone e don Camillo, convincendomi che nella nostra cultura vi è sempre un sano antagonismo, ma il dialogo è sempre civile ed il rispetto dell’avversario sta sempre al primo posto. Forse la guerra e le lotte intestine tra fascisti e partigiani avevano, finalmente, insegnato il valore della vita. Del confronto, dell’antagonismo, ma del dialogo civile e del valore della vita umana.

Quel sabato sera, saranno state le 21, il tepore maggiolino ci faceva stare ancora all’aperto. I grandi seduti sul muretto della curva di Campolo, sotto il palo della luce, a discutere, di caccia, di calcio e di politica. Noi a giocare con le figurine panini. All’improvviso in alto, sopra Serro Castello, verso ovest, apparvero come tre palle di fuoco. Durarono pochissimi istanti. Quasi tre bagliori, tre scoppi, ma senza rumore, tre scoppi silenziosi. Ce ne accorgemmo solo in tre: mio padre, compare Pepé ed io. Gli altri non ci credettero, ci presero per matti o per imbroglioni. Ebbi paura. Mio padre e compare Pepé conclusero, forse per rassicurarmi, che erano dei lampi in lontananza o forse delle stelle cadenti.

Comunque tutti e tre andammo in casa, capivo che anche loro temevano fossero stati dei missili, russi o americani, in tal caso ci sarebbe stata sicuramente una edizione speciale del telegiornale. Invece continuò fino alla fine il programma “Gran Premio”, varietà del sabato sera. Mi convinsi che erano stati solo tre lampi, anche se sarei rimasto, forse, con quel dubbio per tutta la vita.

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