Ceccato 98 – I fumogeni

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – La raccolta dei bergamotti era finita da un pezzo, anche la potatura, anche la creazione delle conche attorno alla pianta, anche i fumogeni erano stati fatti ad arte. La prima volta che vidi il fumogeno, mi sembrava fossero arrivati i marziani, dei quali spesso si sentiva parlare in  televisione.

Il fumogeno serviva a rendere la pianta di bergamotto resistente ai parassiti. Alla nera in particolare. La nera rivestiva tutta la buccia dell’agrume rendendolo appunto nero ed impedendo una buona resa in essenza. Si combatteva con i fumogeni.

Tre operai si adoperavano per coprire la pianta con un grosso telo bianco, a forma cupolare, sembrava un paracadute o meglio un telone da circo in scala ridotta. Ne esistevano di tre misure: grande, medio e piccolo, in funzione della pianta da ricoprire. Un quarto operaio, il “mastellista”, vestito con uno scafandro, anche esso tutto bianco, sembrava un marziano, si adoperava per predisporre nel “mastello” una quantità determinata di acido solforico, in funzione della grandezza del telo utilizzato. Entrava sotto il telone con il “mastello” una volta dentro vi versava anche del cianuro…. Scappava alla velocità della luce. Il telone veniva sigillato e rimosso il giorno seguente.

Adesso, con l’avvento della primavera, il giardino andava arato e “nsolcato”, sì che venivano prodotte le “crestarie”, i quadrati, predisposti per la irrigazione a scorrimento.

Quanta cura per quelle piante e quanto amore e passione ci mettevano, operai e contadini. Zio Mico un giorno mi disse che, le piante di bergamotto vanno trattate come dei figli, perché come i figli, se curate e rispettate ti avrebbero reso domani tutto l’amore prestato loro oggi.

Avevo capito il senso della frase, ma mi era piaciuta la semplicità e saggezza, con la quale, quell’uomo antico, aveva saputo rendere chiaro l’amore per la natura, attraverso una simbologia familiare. O forse, molto più semplicemente, amava veramente quelle piante quanto i propri figli.

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