Ceccato 98 – Dialogo civile

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di Enzo Cuzzola – Domenica 28 aprile 1963 si votava. Finalmente, dal giorno prima, non si vedevano più in giro, ma soprattutto non si sentivano gli altoparlanti e non spargevano volantini, le automobili della propaganda elettorale. Era il silenzio della campagna, per meditare per chi votare. Per giorni avevo visto tutti i dibattiti di tribuna politica, avevo ascoltato le discussioni dal barbiere, avevo raccolto e catalogato, per partito e per candidato, i volantini. Alla fine mi ero fatto l’idea che avrebbe vinto uno fra Moro, Togliatti e Nenni, per gli altri probabilmente non c’era storia.

Avevo assistito anche all’approntamento della macchina elettorale, dal manifesto di indizione dei comizi, attaccato alla delegazione, fino all’allestimento dei seggi, compresa la nomina di mio padre, quale scrutatore. Questi mi aveva spiegato che, il seggio era composto dal Presidente, che si portava un segretario, e da 6 scrutatori. Che avrebbero preso servizio il sabato pomeriggio e che fino allo spoglio non avrebbero potuto lasciare il seggio, se non per andare a mangiare a turno. Il seggio andava vigilato notte e giorno, per impedire brogli e consentire il voto democratico, a questo servivano i militari che avevano accompagnato i Carabinieri.

La mattina dopo la Messa, mi ero, assieme ai miei compagni, di corsa recato al seggio. I militari ci avevano impedito di entrare. Uno di loro ci disse che, se non avessimo disturbato, potevamo assistere alle “operazioni” dalla finestra. Così facemmo. Era bellissimo. Ma era bellissimo soprattutto assistere alle discussioni, ai battibecchi, ai pronostici, alle speranze dei grandi. Si vedeva tutto il paese che passava da quel cancello di ingresso della scuola per andare a “fare il proprio dovere”, come dicevano. Alcuni arrivavano con le api, le moto, le vespe, i motocarri, i calesse, pochi con le automobili, qualcuno in autobus, ma c’era proprio tutto il paese.

Come erano belle le elezioni. Come era bella la politica. Ognuno parteggiava per il partito che più gli aggradava, ne difendeva le posizioni e le ragioni, invitava, anche se non si poteva fare, tenendosi a debita distanza dal seggio per evitare il rimprovero dei militari, a votare per il candidato nel quale credeva. Ma era bello vedere come, in fondo, quella competizione, fra persone che si conoscevano si rispettavano e si stimavano da sempre, si svolgeva pacatamente. Sì, il paese discuteva, competeva, parteggiava, ma sempre nell’ambito di un dialogo civile.

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