Ceccato 98 – Bergamotto dolce

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Quel pomeriggio andai con mio padre a consegnare del mangime ad un suo cliente, che aveva le stalle nella periferia alta del paese. L’ape arrancava lungo le rampe del Calopinace, bisognava infatti percorrere la stradella comunale fino al torrente Morello e poi da li proseguire lungo l’alveo del Calponinace, percorrendo la sterrata, che avevano costruito, per far transitare i camion, gli operai dell’impresa che stava costruendo le briglie. Bisognava salire su fino a san Vincenzo, sotto Pavigliana.

Ci fermammo per far riposare il ribollente motore dell’Ape, che era, si fa per dire, raffreddato ad aria. Ma forse dovevamo raffreddarci anche noi, surriscaldati sulla panca. Ci fermammo accanto al giardino dei Vitale. In quel giardino mio padre aveva curato la raccolta ed anche la potatura. Si accorse di un “ramasugghiu”, un bergamotto che era sfuggito alla raccolta, ormai maturo, giallo oro, grosso circa tre volte la media di quelli che venivano raccolti per essere lavorati. Lo raccolse, lo sbucciò con l’immancabile coltello a serramanico, e me lo porse da mangiare. Era buonissimo, era dolcissimo, contrariamente a quanto avevo sempre creduto ed a quanto avevo sempre sentito dire.

Mi spiegò che il trucco stava appunto nel consumare il bergamotto una volta realmente maturo, doveva cioè essere di quel giallo oro e di quella pezzatura, bisognava poi sbucciarlo avendo cura di asportare interamente ed accuratamente la pellicina bianca che stava sotto la buccia. L’amaro stava tutto lì, una volta asportata quella pellicina, si sorbiva il vero sapore del bergamotto. Mi confidò che molti coloni, durante la raccolta, lasciavano volutamente alcuni frutti per ogni pianta. D’estate, quando al lavoro nei campi, avrebbero avuto a portata di mano il miglior dissetante disponibile.

Chiesi perché se era così buono non veniva consumato per frutta. Mi spiegò che, la leggenda di frutto non commestibile era stata diffusa ad arte dagli industriali, che altrimenti non avrebbero avuto frutti da lavorare. Non seppi mai se fosse vero, ma, da quel giorno, cercai sempre, dopo la raccolta, i “ramasugghi” sugli alberi di bergamotto. Erano buonissimi, soprattutto d’estate.

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