Ceccato 98 – Topoloni di casa mia

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Ero fortemente convinto che i topini fossero animaletti affettuosi e belli, intanto per Topogigio che non si perdeva un solo Zecchino d’oro, poi per i fumetti di Topolino che ci passavamo fra amici anche di decupla mano, poi per il topolino che ad ogni dente perso che gli donavo mi lasciava 20 lire.

Intanto si avvicinava la Santa Pasqua, le ragazze preparavano il vaso di grano, appena germogliato, addobbato con fiocchi colorati, da portare in chiesa per il giorno delle Palme. Zio Angelo aveva ricevuto in dono, da una pia donna (come le chiamava lui), alquanto benestante e che frequentava la messa delle 7 nella cappella del cimitero tutte le sante mattine, un sacchetto di ovetti di cioccolato, glassati di zucchero confettato  variopinto. Avevano la grandezza media delle uova vere. Me li consegnò, precisando che non si mangiano dolci in Quaresima e quindi avrei dovuto conservarli fino al Gloria della Santa Pasqua, poi li avrei potuti mangiare tutti o decidere di offrirne qualcuno agli altri, lui compreso.

Riposi il sacchetto, curando di coprirlo accuratamente, dentro una zuppiera nella dispensa di casa mia. Curai di non essere osservato da nessuno. Quotidianamente andavo a sbirciare per controllare se fossero ancora al loro posto, non vedevo l’ora arrivasse Pasqua. Una sera mi accorsi che il sacchetto non sembrava manomesso ma le uova sembravano di meno. Prudentemente le contai ed annotai il numero nel quaderno a quadretti. La sera successiva, alla conta, ne mancavano due.

A cena lo raccontai ai commensali. Mio padre intuì subito che era stato qualche topino e lo disse. Zio Angelo lo corresse subito: “topino?”, “saranno stati due zoccoloni (grossi topi di fogna) di nome Paolo e Pasquale”. Capii subito che parlava dei miei fratelli, golosissimi anche loro. Mi feci furbo e cambiai nascondiglio. Nel comodino di zio prete i “topoloni di casa mia” non avrebbero mai osato avvicinarsi.

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