Ceccato 98 – Il boxer nero

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di Enzo Cuzzola – A don Mico (domenico) uno dei nostri vicini di casa era nata una figlia, Carmelina, allora bisognava andare a far visita e conoscere la nuova arrivata. Ma don Mico aveva un boxer nero, bellissimo, aveva il torace ed il muso chiazzati di bianco candido ed il resto nero come il carbone. Glielo avevano donato i fratelli Campolo che ne possedevano una muta “da combattimento”, come dicevano.

Non avevo avuto una bella esperienza con i cani. Un paio di anni prima (avevo appena iniziato ad andare a scuola), un pomeriggio, mio padre mi aveva portato con sé, sul famoso sellino posteriore della ceccato 98, nel giardino dove curava, con la solita squadra di zingari, la raccolta dei bergamotti. Li la brutta esperienza. Vi era una cagna, un bastardino di lupo, che aveva da poco partorito, era legata ad una catena accanto alla cuccia. Mi avvicinai troppo e la stessa mi saltò addosso abbaiando. Uno zingaro, che stava nei pressi, mi afferrò per un braccio e mi tirò rapidamente via. Mi spiegò che la cagna non era cattiva, forse aveva voluto proteggere i suoi piccoli o forse aveva voluto solo giocare, ma buon conto, mi disse, “ti ho tirato via perché ho capito che hai avuto paura”. Anche mio padre mi rassicurò e mi spiegò che con i cani bisognava solo essere prudenti, non avere paura, ma essere prudenti e non disturbarli.

Don Mico, dal canto suo, ci raccontava un sacco di balle sul suo cane, diceva che era un abile combattente, che dava di box come un campione, che era feroce. Lo portava in giro sempre legato e con la museruola. Ne ero terrorizzato.

Dissi a mia madre che volevo andare con lei a vedere la bimba appena nata, ma avevo paura del cane. Mi spiegò che il cane era sicuramente legato e con la museruola. Ci andai.

La bimba era in camera da letto, nella culla, era bellissima. Ci accolse ed accompagnò a vederla la mamma, una bravissima donna, sempre gentile ed affettuosa con tutti i bimbi del rione e noi le volevamo tutti molto bene. Ai piedi della culla vi era il boxer, in posizione seduta, senza museruola, osservava la bimba e poi si girava a guardare noi, poi di nuovo lo sguardo rivolto verso la bimba.  Ebbi un tremito, la signora se ne accorse, mi prese per mano e mi invitò ad accarezzarlo. Il boxer mi leccò prima la mano, poi la guancia.

La signora ci raccontò che da quando era nata la bimba non si muoveva da quella posizione, se non quando aveva fame o doveva bere ed andava alle ciotole, oppure quando la bimba piangeva. Allora correva a tirare per la gonna la mamma, dovunque ella si trovasse, per condurla accanto alla culla.

Da quel giorno diventammo amici, anche don Mico lo aveva capito e, quando lo portava in giro con la museruola, me lo faceva a volte tenere per il guinzaglio ed accarezzarlo.

Da quel giorno anche i boxer dei campolo, quando scorazzavano per il paese con le loro museruole e medagliette non mi fecero più paura.

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