Ceccato 98 – Gatta Ciccia

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di Enzo Cuzzola – Gatta Ciccia arrivò in casa nostra portata da mio fratello Pasquale. Una nostra comare gliela aveva consegnata, in dono per mia madre, dentro un sacco di iuta. Arrivata in casa nostra fu mia madre a battezzarla Ciccia, forse in onore di mio padre che si chiamava, appunto, Ciccio (Francesco all’anagrafe).

Mia madre, che vedeva sempre meno, passava gli inverni a confezionare, muovendo abilmente i ferri, maglie, maglioni, calze, calzettoni e cappelli di lana per tutti noi. Se ne stava seduta accanto al braciere, con i piedi appoggiati alla “conca”, a sferruzzare. Gatta Ciccia invece spadroneggiava sulla “sedia muzza”, posta sopra la conca a protezione dal fuoco. Se ne stava sorniona ad ammirare mia madre, non perdeva un gesto una parola della stessa, sembravano due amiche di vecchia data. Mi piaceva osservarle, nelle pause dallo studio o dai “servizi” comandati da mio padre.

Mio padre, invece, divideva il tempo tra la bottega di alimentari, la distribuzione delle bombole ultra gas a cavallo della ceccato 98 e la raccolta dei bergamotti. Il freddo “sumbarrava” (lo sorbiva tutto), per cui in quelle fredde sere di autunno, dopo cena, amava anche lui sedersi un poco attorno al braciere. Ci raccontava la sua giornata, mentre anche lui diventava amico paterno di gatta ciccia.

Un giorno decisi di chiedere a mia Madre per quale motivo aveva chiamata la gatta con un nome “proprio” di persona. Mi rispose che tutti gli animali domestici e non solo (cioè anche quelli da stalla) nella nostra famiglia e nella sua di origine portavano un nome “umano”. Mi spiegò che anche suo fratello, nella stalla, attribuiva alle mucche nomi di donna. Era naturale. Compresi allora ( e non lo dimenticherò mai) che trattavano gli animali come persone di famiglia, e non solo quelli domestici.

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