Reggio Calabria, storico colpo alla ‘Ndrangheta stragista: in manette i boss degli attentati ai Carabinieri di 1993 e 1994, fecero 2 morti e 4 feriti

  • Foto StrettoWeb / Salvatore Dato
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Reggio Calabria, attacco allo Stato: arrestati elementi di vertice della ‘Ndrangheta e di Cosa Nostra, furono mandanti degli omicidi dei carabinieri Fava e Garofalo

Fava e GarofaloGli appuntati scelti dei Carabinieri Vincenzo Garofalo e Antonino Fava, possibili vittime di un patto scelllerato fra mafia e ‘ndrangheta secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti nell’operazione “‘Ndrangheta stragista” di stamane, furono crivellati di proiettili il 18 gennaio 1994, mentre, a bordo dell’auto di servizio, percorrevano l’autostrada A3 nel tratto Bagnara-Scilla. I killer li affiancarono con un’altra vettura e fecero fuoco, senza lasciare loro scampo. Entrambi prestavano servizio al comando provinciale dell’Arma di Reggio Calabria ed erano stati assegnati al Nucleo Radiomobile della Compagnia di Palmi. Subito, negli ambienti investigativi, circolo’ l’ipotesi che l’attentato fosse un “segnale” dei clan calabresi e siciliani alle istituzioni. Le cronache di quei giorni evidenziavano possibili attacchi a obiettivi istituzionali pianificati da ‘Ndrangheta e Cosa Nostra e si parlo’ di un pool di magistrati messinesi che quello stesso giorno erano stati nel carcere di Palmi (Rc) per interrogare un pentito di mafia, Luigi Sparacio, come possibile bersaglio delle “famiglie” delle due sponde dello Stretto. Fava e Garofalo avrebbero dovuto scortare i magistrati, ma l’interrogatorio si protrasse oltre il previsto, per cui all’equipaggio dell’auto dell’Arma furono impartite disposizioni affinche’ effettuasse un ricognizione sull’A3 in attesa di tornare dai magistrati e prenderli in consegna fino agli imbarcaderi di Villa San Giovanni da dove si sarebbero imbarcati verso la Sicilia. L’agguato scatto’ a circa 3 chilometri dallo svincolo autostradale di Scilla (Rc). I malviventi spararono decine di colpi di mitra dalla loro auto, poi scesero e finirono le vittime, ormai inermi. Il corpo di Fava fu trovato con il mitra in mano, segno di un disperato, inutile tentativo di rispondere al fuoco. Il colonnello Massimo Cetola, all’epoca comandante provinciale dell’Arma, parlo’ di “un massacro”. Si parlo’ anche di una possibile rotta del traffico di armi e droga su cui i due militari uccisi si sarebbero trovati mentre erano in servizio di controllo sull’autostrada, imbattendosi in un gruppo di trafficanti con a bordo merce da contrabbandare. A parlare nel 2010 del possibile ruolo di Cosa Nostra nell’uccisione di Fava e Garofalo fu il pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati Antonino Ingroia e Nino Di Matteo che indagavano sui misteri della trattativa fra Cosa Nostra ed esponenti delle istituzioni, uno dei grandi misteri irrisolti della storia d’Italia. Non fu l’unico attacco subito dall’Arma in quegli anni. Il 2 dicembre del 1993 rimasero feriti a colpi d’arma da fuoco i carabinieri Vincenzo Pasqua e Silvio Ricciardo. Quattordici mesi dopo, nel febbraio del 1994, poco dopo la strage di Scilla, durante un posto di controllo rimasero feriti i carabinieri Bartolomeo Musico’ e Salvatore Serra.

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