Reggio Calabria: all’Università Mediterranea seminari su gestione delle emergenze nelle aree sottoposte a rischio sismico

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All’Università Mediterranea due appuntamenti sulla Gestione delle emergenze nelle aree sottoposte a rischio sismico. Il primo il 30 giugno, presso l’aula A1 di Architettura sul tema Rischio sismico, Città ed Emergenze. Il secondo, sempre nell’aula A1 di Architettura, sarà tenuto il 7 luglio su Sismicità e maremoti. I cantieri della ricostruzione della città dell’Aquila. Entrambi con inizio alle ore 9.30. La frequenza di terremoti avvenuti, negli ultimi decenni, in diverse parti d’Italia ha fatto comprendere gran parte del territorio peninsulare nelle aree soggette a rischio sismico elevato. La Calabria è la regione italiana in cui ai comuni rischi naturali, dovuti alle condizioni di dissesto ambientale, la componente del rischio sismico deve essere affrontata con particolare efficacia essendo una delle aree geografiche che ha subito terremoti catastrofici. La proposta progettuale ha come obiettivo il contenimento delle conseguenze dell’azione di sismi, a bassa o alta magnitudo, con l’obiettivo di esercitare una attività di prevenzione rivolta a contenere i possibili danni nell’esercizio di attività lavorative. La manifestazione improvvisa di un evento sismico deve trovare i lavoratori informati sui comportamenti da tenere al fine di contenere il più possibile i danni.

Le procedure da attuare nel luogo dell’evento sismico devono considerare tre importanti fasi:

1.la possibile previsione dell’evento sismico;
2. le modalità di diramazione dello stato di allerta;
3. l’attivazione delle procedure di prevenzione e di emergenza.

Se consideriamo la prima fase bisogna considerare che la previsione dei terremoti non è ancora possibile, essendo soggetta a forte approssimazione. Tuttavia gli attuali strumenti di rilevamento dell’attività sismica (INGV e altri organismi internazionali) possono fornire degli indicatori approssimativi sulle attività sismiche. La seconda fase è condizionata dal fatto che una delle maggiori avversità è il pochissimo tempo a disposizione per la mobilitazione, quindi l’approccio necessita l’addestramento a sistemi di immediata comunicazione. La terza fase, il cui obiettivo è quello di abbattere queste difficoltà, necessita di programmate azioni preventive attraverso:

– la progettazione antisismica degli elementi strutturali e non strutturali.

Se la vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello, a fronte di un evento sismico di una data intensità per ridurre la perdita di vite umane, è necessario rendere sicure le strutture edilizie. Oggi, le norme per le costruzioni in zone sismiche prevedono che gli edifici non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti, pur potendo subire gravi danni.

– un programma di educazione al rischio

Si devono coinvolgere e sensibilizzare le popolazioni attraverso l’addestramento all’emergenza ed a periodiche prove di evacuazione. Questo comporterà una programmazione che deve riguardare le modalità procedurali per raggiungere il requisito antisismico, accompagnata dalle necessarie valutazioni economiche e dai tempi di attuazione per abbattere il rischio. Il recente Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (TUS) emanato in Italia con il D.lvo 81/2008 integrato dal D.lvo 106/2009, in aderenza alle Direttive Europee sulla Sicurezza fa obbligo al datore di lavoro di valutare, gestire e ridurre tutti i rischi di un ambiente di lavoro, con la conseguente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR). In questa valutazione vanno compresi anche quelli collegati a possibili eventi catastrofici naturali (quali frane, inondazioni, terremoti, ecc.). La formazione sul campo, rivolta agli addetti del settore edilizia, si svolgerà con attività parallele di formazione in aula, attraverso convegni formativi, e in cantiere, per le attività di simulazione. Verranno approfondite:

– le attività di conoscenza dei fenomeni sismici in atto, con particolare riferimento alle zone più soggette a rischio sismico, attraverso i dati diffusi giornalmente dall’Istituto Nazionale di Geofisica e da altri organismi internazionali;

-le metodologie di rilevamento automatico di condizioni di rischio di instabilità delle opere provvisionali e delle attrezzature di cantiere che possano determinare la caduta dall’alto di operai o il crollo di strutture;

– la individuazione di interferenze operative dovute a condivisione pericolosa di aree di lavoro o a occupazione da parte di squadre in zone a rischio;

– la identificazione di situazioni pericolose nell’attuazione di misure di emergenza dovute al manifestarsi di scosse sismiche;

– le tecniche di localizzazione rapida di operai coinvolti in crolli di strutture o franamenti di terreno o comunque di operai privi di conoscenza.

È opportuno precisare che detto percorso di formazione deve coinvolgere gli operatori, ai diversi livelli, nel settore edile. Le attività di formazione saranno portate avanti con l’apporto di docenti dell’Università, di esperti dell’INAIL, di geologi, medici e psicologi oltre ad esperti della Protezione Civile. Il progetto prevede il coinvolgimento di oltre sessanta imprese edili a livello regionale con presunti partecipanti in n. 120.

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