Ragusa: arrestati 6 nigeriani per immigrazione clandestina

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“Il provvedimento restrittivo – spiega una nota della Polizia di Ragusa – è stato emesso al termine di una complessa attività investigativa”

polizia-auto-primaIn esecuzione del decreto di fermo emesso dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania, personale della Polizia di Stato -Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile di Ragusa, con la collaborazione della squadra Mobile di Padova- ha tratto in arresto sei nigeriani. Tre di essi gravemente indiziati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di tratta di persone in danno di connazionali, anche di minore età e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; un quarto gravemente indiziato del delitto di tratta di esseri umani in danno di una connazionale minorenne; gli altri due di delitti in materia di stupefacenti, connessi al traffico di esseri umani. “Il provvedimento restrittivo – spiega una nota della Polizia di Ragusa – è stato emesso al termine di una complessa attività investigativa di tipo tecnico coordinata dalla D.D.A. di Catania ed avviata dalla Squadra Mobile di Ragusa all’inizio del mese di giugno 2016 a seguito delle dichiarazioni rese da una cittadina nigeriana minorenne, Joy (nome di fantasia), giunta presso il Porto di Pozzallo alla fine del mese di maggio del 2016”.  “Joy, giunta in Sicilia dopo un estenuante e pericoloso viaggio iniziato in Nigeria che l’aveva portata ad attraversare l’Africa settentrionale, affidata di volta in volta a ‘connection men’ e a uomini armati, esposta al rischio di violenze sempre crescenti, aveva deciso di raggiungere l’Italia allettata dalla falsa promessa di un lavoro lecito i cui guadagni avrebbero aiutato la famiglia di origine: arrivata sul territorio nazionale veniva collocata in una struttura protetta ma poi rintracciata dal connazionale che le aveva organizzato il viaggio e l’attendeva in Italia e che si adoperava per prelevarla dalla citata struttura e acquisirne il controllo. La minore, cui era stata taciuta la propria destinazione alla prostituzione (allettata, invece, dalla falsa possibilità prospettatale di svolgere in Italia un lavoro lecito), avendo compreso che l’unico destino che l’aspettava era la strada, ha deciso di raccontare la propria storia”. “Le risultanze investigative – spiega ancora la nota – mettevano infatti in luce una articolata organizzazione criminale composta da nigeriani operanti in Italia, soggetti nigeriani operanti in Nigeria, soggetti di diversa nazionalità operanti in Libia nel business delle partenze dalle coste e delle connection house, un gruppo estremamente dinamico dedito a realizzare plurimi investimenti in materia di traffico di esseri umani e di immigrazione clandestina”.  L’indagine sfociata nella esecuzione del citato provvedimento di fermo consentiva di acquisire ulteriore contezza della attuale estrema remuneratività degli affari connessi ai fenomeni migratori: il migrante, soprattutto se di sesso femminile, rappresenta una merce capace di produrre reddito per tutti gli operatori economici coinvolti nel viaggio e ciò, sia per i trafficanti operanti in terra libica (alla continua ricerca di somme sempre più alte da pretendere per la liberazione, la partenza od il semplice sostentamento giornaliero dei migranti), sia per i trafficanti che dall’Italia organizzano i trasferimenti (interessati a far giungere soprattutto le giovani vittime di tratta nel più breve tempo possibile onde ”metterle a reddito” in fretta nel mercato della prostituzione su strada e giovarsi dei loro guadagni con i quali finanziare l’arrivo di altre vittime, onde aumentare i profitti), sia per i correi di stanza nei paesi di origine delle vittime ( in attesa di ricevere parte del denaro guadagnato sulla strada dalle giovani connazionali). Il sodalizio investigato è risultato avere sede operativa a Padova, dove alcuni degli indagati si dedicavano anche al traffico di stupefacenti, destinando i ricavati a nuovi investimenti in traffico di esseri umani. Il gip di Padova ha convalidato il provvedimento di fermo, applicando la misura custodiale del carcere a tutti i sodali (con l’unica eccezione di un’indagata, in considerazione dell’esser la stessa madre di prole di età di poco superiore ai tre anni).

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