Referendum: resa dei conti nel Pd, caos tra le componenti… intanto Renzi resta premier sino al varo della manovra

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Referendum: resa dei conti nel Pd, nei democratici si apre la “guerriglia” che può essere analizzata da due punti di vista: da un lato le probabili elezioni anticipate e quindi le candidature, dall’altro un congresso interno che porterà a numerose tensioni

Matteo-Renzi-PD (1)La grave sconfitta al referendum costituzionale di domenica non rimarrà solo un terremoto nel governo. Il partito di riferimento della camera e del senato è in fibrillazione dopo le dimissioni di Renzi, non formalizzate almeno sino al varo della manovra economica. Il presidente della Repubblica è stato chiaro: “evitare l’esercizio provvisorio”. Di fatto all’interno dei democratici si apre la “guerriglia” che può essere analizzata da due punti di vista: da un lato le probabili elezioni anticipate e quindi le candidature, dall’altro un congresso interno che porterà a numerose tensioni. Sulla carta c’è la maggioranza renziana del partito, circa l’80% in assemblea e in direzione. E c’è la minoranza bersaniana e cuperliana. Ma è molto più variegata la galassia interna al Partito democratico. Almeno otto grandi correnti che faranno guerra tra loro.

Questa al momento la geografia delle varie anime del Pd:

– RENZIANI: sono i fedelissimi del premier-segretario. Tra loro Maria Elena Boschi, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani e Luca Lotti. Un profilo leggermente distinto lo hanno assunto nel tempo i cosiddetti ‘cattorenziani’, da Graziano Delrio a Matteo Richetti e Angelo Rughetti, ma non si sono mai costituiti in area autonoma. Dopo le elezioni 2013, con Bersani segretario, i parlamentari renziani erano in tutto una cinquantina.

– AREA DEM: è la componente guidata da Dario Franceschini, che è entrata in maggioranza sostenendo Renzi al congresso e poi la sua decisione di sostituire Letta. E’ la rappresentanza più nutrita in Parlamento. Tra i suoi esponenti anche i capigruppo di Camera e Senato Ettore Rosato e Luigi Zanda.

– GIOVANI TURCHI: è l’area che raccoglie un gruppo di quarantenni di provenienza Ds. E’ guidata dal ministro Andrea Orlando e dal presidente del partito Matteo Orfini. Al congresso del 2013 sostenevano Gianni Cuperlo, poi sono entrati nella maggioranza del partito.

– SINISTRA E’ CAMBIAMENTO: è la componente che fa capo al ministro Maurizio Martina. Si è staccata dalla minoranza del partito, assumendo una posizione ‘responsabile’, nel voto sull’Italicum, poi ha sostenuto il Sì al referendum.

– SINISTRA RIFORMISTA: l’area bersaniana è la componente più numerosa della minoranza. Guidata dall’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza, dopo la rottura con Renzi sulla legge elettorale, si è schierata per il No al referendum.

– SINISTRA DEM: è l’area che fa capo a Gianni Cuperlo. Dopo l’accordo sulle modifiche all’Italicum, si è schierata per il Sì al referendum costituzionale.

– RETE DEM: sono gli ex civatiani, che non hanno seguito Pippo Civati fuori dal Pd, ma sono rimasti fuori dalla maggioranza del partito. Tra gli esponenti, la prodiana Sandra Zampa e il senatore Sergio Lo Giudice.

– POPOLARI: le componenti che facevano capo a Enrico Letta e Rosy Bindi si sono formalmente sciolte. I popolari di Beppe Fioroni, che al congresso avevano appoggiato Cuperlo, non sono entrati negli organi di partito e quindi nella maggioranza, ma sono considerati vicini ai ‘cattorenziani’ e hanno sempre sostenuto Renzi, dal jobs act alle riforme.

– OUTSIDER: dal presidente della Toscana Enrico Rossi, già formalmente candidato alla segreteria, al presidente della Puglia Michele Emiliano, che si è schierato sul No al referendum, sono soggetti che al momento sono fuori da altre correnti ma potrebbero entrare in gioco al prossimo congresso.

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