Messina-Reggina, il Derby si vince solo “picchiando”. Anche quello più triste

StrettoWeb

Messina-Reggina, ieri al San Filippo il Derby più triste della storia: appena 2.364 spettatori sugli spalti, record negativo di sempre. E tanti brutti episodi di violenza

LaPresse/Francesco Saya

Messina-Reggina – E’ stato il Derby dello Stretto più triste della storia quello di Giovedì 29 Dicembre al San Filippo, non solo per i brutti episodi di violenza che si sono verificati negli spogliatoi e per il grave incidente al pullman della Reggina, che ha messo a repentaglio la sicurezza di tutta la squadra, della dirigenza e dello staff. Episodi gravissimi su cui stanno indagando le autorità competenti. Ma dal punto di vista prettamente sportivo, è stato il Derby più triste della storia perchè ha battuto il record negativo di pubblico presente sugli spalti: appena 2.364 tifosi gremivano le tribune dello stadio San Filippo, intitolato a Franco Scoglio. Un grande uomo di calcio che un derby così, probabilmente, non l’avrebbe mai voluto vedere. In un impianto da quasi 39.000 posti a sedere, i 2.364 di ieri sembravano in realtà poche centinaia. Mai nella storia c’era stato un Derby dello Stretto con così pochi spettatori.

Il freddo pungente e il divieto ai supporters reggini non possono giustificare lo scarsissimo afflusso di pubblico per un evento che, evidentemente, non suscita più l’interesse di un tempo. Anche perchè si giocava durante le feste natalizie, in un periodo in cui molti messinesi che vivono fuori sede si ritrovano con la famiglia in città. E anche nella gara d’andata la partita del Granillo era vietata per i tifosi ospiti, eppure il pubblico reggino rispose alla grande con 5.757 spettatori che riuscirono a fare il biglietto con grandi difficoltà, in appena 48 ore dopo il blocco della prevendita a causa delle note vicissitudini dell’impianto reggino ad inizio stagione.

Ma anche il derby più triste, sul campo, richiede un atteggiamento fondamentale per portare a casa i tre punti: la cattiveria agonistica. Un Derby come quello dello Stretto si vince solo “picchiando”. Non intendiamo il termine “picchiare” con l’uso della violenza, ma semplicemente con quell’atteggiamento tipico del calcio e di ogni sport agonistico in cui la grinta e la “cattiveria sportiva” diventano indispensabili per raggiungere il traguardo prefissato, cioè la vittoria.

LaPresse/Francesco Saya

Ed è solo con quella cattiveria agonistica, solo “picchiando”, che la Reggina un anno e mezzo fa ha vinto i due Derby più importanti, quelli dello spareggio playout di maggio 2015: era una Reggina esperta con Belardi, Cirillo, Aronica, Di Michele e Giacomo Tedesco in panchina. Nelle dichiarazioni dei protagonisti sembra di rileggere le parole di ieri, ma a parti invertite. Post su facebook poi cancellati, accuse di minacce e qualche colpo proibito. Quelli della Reggina sembravano vecchi furbastri e mestieranti del rettangolo verde, quelli del Messina ingenui bambinetti sprovveduti. Adesso, esattamente il contrario. Non è un caso che nel Messina di ieri ci fossero calciatori del calibro di Rea, Mancini, Nardini e Madonia, tutti molto esperti. Allenati da uno come Cristiano Lucarelli che non ha bisogno di presentazioni. E in porta quell’Alessandro Berardi che un anno e mezzo fa come si vince un Derby l’ha imparato proprio dal collega di ruolo Belardi, da Aronica e Cirillo, da Tedesco e Di Michele. Nella Reggina di oggi, invece, un gruppo di giovanissimi e di ragazzini.

Foto LaPresse – Francesco Saya

Per la Reggina è stata una sconfitta meritata: è mancata la cattiveria, anziché “picchiare” si sono fatti “picchiare”. In campo e fuori. Non è più un mistero quanto accaduto negli spogliatoi, lo stesso Pozzebon in un’intervista s’è lasciato scappare “li abbiamo picchiati negli spogliatoi e in campo“. Adesso bisogna soltanto fare tesoro di quest’episodio e trarne insegnamento. Denunciando la “cattiveria agonistica” non si otterrà certo nulla indietro, se non l’ironia di tutto l’ambiente calcistico in cui non sono ammessi piagnistei da femminucce. Adesso basterebbero il silenzio e l’insegnamento: il Derby si vince solo “picchiando”.

Foto LaPresse – Francesco Saya

Piuttosto per la Reggina il problema non è certo la sconfitta di ieri. Dopo 21 partite la squadra di Zeman si ritrova con appena 18 punti in classifica, frutto di tre misere vittorie (è la squadra che ha vinto meno di tutti e tre i gironi di Lega Pro!) e 9 pareggi. Chi continua a crocifiggere il mister, evidentemente, non ha ancora capito che Zeman sta tirando fuori il meglio possibile da una squadra dilettantistica, costruita malamente, con un organico tale che anche questi 18 punti si possono considerare un piccolo-grande miracolo perchè – almeno ad oggi – consentono di evitare l’ultimo posto (che significa retrocessione diretta) e quindi di giocarsi la salvezza ai playout. Su StrettoWeb lo scrivevamo in tempi non sospetti, il 1° settembre 2016 dopo la deludente conclusione del calciomercato: “adesso serve un’impresa di Zeman, il vero obiettivo è conquistare i playout evitando l’ultimo posto in classifica“. E per questo, con ogni probabilità, bisognerà continuare a lottare fino a fine stagione.

Piuttosto, per la Reggina bisognerebbe porsi un altro interrogativo: da tre anni ormai cambiano Presidenti, cambiano società, cambiano calciatori ma la squadra se milita in Lega Pro riesce a stento ad evitare l’ultimo posto subendo umiliazioni da squadre che rappresentano piccoli borghi di montagna; se milita nei Dilettanti le prende da ragazzini che nella vita fanno un altro lavoro. Dopo due decenni d’oro, evidentemente, oggi Reggio Calabria non riesce ad esprimere qualcosa di meglio e sarebbe difficile che così fosse viste le condizioni in cui versa la città. Perchè Reggio e la Reggina sono sempre andate di pari passo nella storia, nel bene e nel male.

Ma torniamo alla stagione in corso. Magari capita di nuovo il Derby con il Messina ai playout? Basterà ricordare la lezione di ieri: il Derby si vince solo “picchiando”. Non con violenza sleale (su quegli episodi o presunti tali faranno luce gli inquirenti), ma con quella cattiveria agonistica indispensabile per vincere ogni Derby, non solo quello dello Stretto. Da Roma a Milano passando per Genova o le altre grandi stracittadine europee. Basterebbe riguardarsi il DVD del doppio spareggio playout di un anno e mezzo fa: Belardi, Cirillo e Aronica insegnano come fare. Berardi & Company probabilmente l’hanno fatto prima del Derby di ieri. Perché sarà anche vero che “sul cadavere dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto, ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani“, ma evidentemente un cane può anche trasformarsi in leone. Se vuole, e se c’è qualcuno che gli spiega come si fa.

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