Il Pm Di Palma: “ancora oggi per mafia calabrese omosessualità è tabù”. E Gioia Tauro vuole intitolargli una strada
“Caristena – aggiunge Di Palma – non solo aveva avuto la colpa di aver avuto una presunta tresca col cognato del boss ma, secondo le risultanze processuali, aveva in contemporanea anche una relazione con la di lui sorella, dal nome Donatella, che si era innamorata follemente di lui al punto che tra i due si parlava di un possibile matrimonio. Un triangolo esplosivo e inaccettabile per il mondo della ‘Ndrangheta e per la potentissima cosca dei Molé che decise di farlo fuori. I Molè erano allora uno dei clan più influenti e sanguinari della Piana di Gioia Tauro, con interessi di rilievo nei traffici illeciti che passano dal porto della città tirrenica. Allora, come oggi, l’omosessualità per i clan era tabù”, spiega Di Palma. Solo l’idea che un gay potesse avere rapporti con certe famiglie suscitava scandalo. Caristena, in più, aveva convissuto con un uomo che poi morì per alcune complicanze, risultando positivo all’Hiv. Per tale ragione, si diffuse la voce in città che lui fosse gay. Per i clan solo l’idea che un omosessuale potesse introdursi in una famiglia di ‘Ndrangheta non era accettabile. Per Caristena non ci fu nessuna pietà. ”E, infatti, venne ucciso da due killer, uno dei quali era Girolamo Molé“. “Il tema è ancora oggi assolutamente tabù per la ‘Ndrangheta – aggiunge Di Palma – e un gay non solo non verrebbe mai affiliato ma creerebbe seri problemi di ‘reputazione’ al Clan”.
Ora il Comune di Gioia Tauro pensa di intitolargli una strada, come anticipa l’assessore Francesco Toscano, che ha competenze sulla toponomastica: “Caristena è stato una vittima del pregiudizio. Non deve essere dimenticato; e ora che si è fatta veramente luce sulla vicenda, grazie al lavoro dei magistrati, anche la città deve fare la sua parte”.