Referendum: Ferri, Irto e Spadaro illustrano le ragioni del Sì

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Si è registrata una grande partecipazione all’iniziativa sul “Sì” al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, che si è svolta a palazzo Tommaso Campanella alla presenza del sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri. Oltre 400 persone (che alla fine dei lavori hanno fornito un contributo importante al dibattito, intervenendo e ponendo quesiti) hanno affollato la sala “Federica Monteleone” della sede del Consiglio regionale, dove sono intervenuti, a sostegno delle ragioni del “Sì”, oltre al rappresentante del Governo nazionale, il costituzionalista Antonino Spadaro e il presidente dell’Assemblea legislativa calabrese, Nicola Irto. Quest’ultimo, nel coordinare i lavori, ha sottolineato la necessità di «un confronto più pacato e nel merito dei temi della riforma. Il clima attorno al referendum è davvero avvelenato. Occorrebbero invece maggiore serenità e oggettività, perché non si discute né di un congresso di partito, né di un voto politico sul Governo, ma delle regole del gioco che ci porteremo dietro per i prossimi 50 anni». Irto ha inoltre sottolineato come «votare sì significhi anteporre l’interesse generale a quello particolare al mantenimento di piccoli spazi di potere. Basti pensare alla riduzione delle competenze delle Regioni, che rafforzerà lo Stato centrale e agevolerà un riequilibrio del rapporto tra Nord e Sud del Paese». Antonino Spadaro, ordinario di diritto Costituzionale all’Università Mediterranea, si è soffermato sui profili tecnico-giuridici della ddl costituzionale Renzi-Boschi.

Il professore, in particolare, ha sostenuto come – nonostante alcuni difetti (in particolare l’incertezza sulla composizione del nuovo Senato, di fatto “rinviata” a una legge bicamerale) – la valutazione complessiva sulla normativa lo abbia fatto propendere per il “Sì”: «Oggi non è più tempo di proporre l’optimum, ma siamo chiamati a decidere su “questa” riforma, che al momento non può essere votata “a pezzi” e comunque non tocca la prima parte della Carta». Un approccio non “dogmatico”, quello di Spadaro, che ha definito la nostra «una buona Costituzione, ma dopo 70 anni sicuramente bisognosa di riforme». Il docente – senza negare imperfezioni del testo – ha sottolineato, ritenendoli prevalenti, gli aspetti positivi: l’abolizione del Cnel, il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione “ragionata” dei poteri delle Regioni (il ritorno, anzi, all’originario modello del 1948 alterato dalla riforma del 2001), la riduzione del numero dei parlamentari, alcuni significativi risparmi (tra cui l’eliminazione delle Province e la riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali), la restrizione del potere governativo di decretazione d’urgenza, il cosiddetto “voto a data certa” per i disegni di legge del Governo, il referendum propositivo e il ricorso preventivo alla Corte costituzionale per le leggi elettorali. Il sottosegretario Ferri, da parte sua, ha affermato che il referendum «non è pro o contro il Governo. È invece una riforma fondamentale» il cui punto più qualificante è l’abolizione del bicameralismo perfetto: «Finalmente anche l’Italia avrà un procedimento legislativo in linea con il resto dei Paesi europei e porrà fine alla “navetta” parlamentare, riducendo i tempi di approvazione delle leggi». Per Ferri meritano di essere sottolineati anche «i risparmi derivanti dalla diminuzione del numero dei parlamentari». Quanto alla rappresentatività del Senato, i nuovi membri di palazzo Madama non saranno nominati ma «legittimati da un’investitura popolare». Uno dei pregi della riforma, ad avviso del sottosegretario alla Giustizia, è «il nuovo rapporto tra Stato e Regioni che porterà a una riduzione del contenzioso dinanzi alla Consulta». Con la nuova Costituzione, ha concluso Ferri, «potremo far ripartire il Paese. L’Italia ha bisogno di cambiare».

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