‘Ndrangheta, faida di San Luca: 20 anni di sangue per uno scherzo mal riuscito

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La faida di San Luca è una lotta tra fazioni criminali scoppiata il 10 febbraio del 1991 fra la famiglia di ‘ndrangheta dei Nirta-Strangio contrapposta all’altra cosca dei Pelle-Vottari. Una faida cruenta e sanguinaria

San Luca è un paese in guerra oramai da quasi trent’anni. Il piccolo centro della Locride che diede i natali a Corrado Alvaro, uno dei più grandi scrittori del Novecento italiano, è teatro dal 1991 di uno scontro violentissimo tra due clan della ‘ndrangheta calabrese, i Pelle-Vottari-Romeo e gli Strangio-Nirta, sfociato il 15 agosto 2007 in Germania nella sanguinosa strage di Duisburg. Una faida, quella di San Luca, che, dopo una serie di omicidi iniziali negli anni ’90, sembrava essersi spenta, ma che ha ripreso nuovo vigore a Natale del 2006, con l’omicidio di Maria Strangio. A scatenare la ‘guerra’ tra le due cosche del reggino fu uno scherzo mal riuscito. Era il Carnevale del 1991 e a innescare quella folle furia omicida che negli anni a venire avrebbe fatto decine di vittime fu un banale lancio di uova tra due gruppi di ragazzi nella piazza del paesino dell’Aspromonte. Dal lancio di uova alla rissa il passo fu breve. E la rissa finì in tragedia: il 14 febbraio del 1991 scattò l’agguato, che fece due morti e due feriti. A perdere la vita furono Francesco Strangio, 20 anni, e Domenico Nirta, 19. Giovanni Luca Nirta e il fratello Sebastiano, invece, pure colpiti, riuscirono a sopravvivere. Da allora ogni anno ha portato le sue vittime, e da San Luca , che resta uno snodo centrale per i traffici di droga, sono stati in tanti a scappare. A riattizzare il fuoco della guerra tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, fu l’omicidio di Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca omonima. A Natale del 2006, Maria Strangio venne freddata a colpi di kalashnikov sotto casa, a San Luca. Aveva 33 anni. Nella sparatoria rimasero ferite altre tre persone: Francesco Colorisi, 23 anni, Francesco Nirta, 32 anni, e un bambino di 5 anni. Nemmeno durante il suo funerale scese la calma sul paese della Locride, e solo il pronto intervento delle forze dell’ordine evitò l’ennesima sparatoria. Per la ‘risposta’ non si dovette attendere a lungo: bastarono due settimane. Il 4 gennaio a San Luca fu ucciso un pastore già noto alle forze dell’ordine, Bruno Pizzata, 59 anni. Due mesi dopo la faida tornò a colpire, anche se senza fare vittime: era il 6 marzo quando, in una sorta di azione dimostrativa, alcuni sconosciuti spararono 21 colpi di kalashnikov contro il portone di una palazzina. Il 21 maggio poi fu ucciso Rocco Aloisi, 56 anni, titolare di un bar nella frazione Bosco San t’Ippolito di Bovalino, mentre il 12 luglio successivo a perdere la vita sotto il fuoco dei sicari fu un bracciante agricolo, Giuseppe Campisi, 35 anni, ucciso a Bianco, in provincia di Reggio Calabria. Poi il 3 agosto 2012, sempre a San Luca, l’omicidio di Antonio Giorgi, 56 anni. Undici giorni dopo la strage in Germania, a Duisburg, dove furono sei le persone a cadere sotto i colpi di mitraglietta sparati dai killer davanti al ristorante-pizzeria ‘Da Bruno’ di proprietà della famiglia Strangio: Tommaso Venturi, 18 anni, Francesco e Marco Pergola di 22 e 20 anni, Francesco Giorgi, 17 anni, Marco Marmo, 25 anni, e Sebastiano Strangio di 39 anni. Secondo l’analisi degli investigatori, i due clan, che possono contare su cento uomini l’uno, su una prima linea di 70 persone e su decine di ‘soldati’ in grado di sparare, tentarono per la prima volta una tregua nei mesi successivi alla mattanza di Carnevale del ’91, quando persero la vita Francesco Strangio e Domenico Nirta. L’accordo prevedeva che chi aveva sparato, Antonio Vottari, avrebbe avuto salva la vita a patto che lasciasse San Luca . Vottari però restò e per questo fu ucciso il 25 luglio del ’92, il volto massacrato da 12 colpi: ogni famiglia avversaria gli aveva sparato un colpo in faccia. Il primo maggio dell’anno successivo a morire sotto i colpi dei killer furono Giuseppe Vottari e Vincenzo Puglisi. Poche ore dopo fu la volta di Antonio Strangio e Giuseppe Pilia. Nel 1993 la tregua arrivò grazie all’intercessione di una cosca esterna a San Luca, i De Stefano di Reggio Calabria. Dodici anni dopo, però, con l’omicidio di Antonio Giorgi, dei Nirta-Strangio, quella tregua si ruppe di nuovo. A deciderlo fu, secondo gli investigatori, Francesco Pelle, alleato dei Vottari che, rientrato in paese, volle ridiscutere gli equilibri che fino ad allora avevano mantenuto la pace. Pelle, ferito nell’agosto del 2006, finì sulla sedia a rotelle. In risposta a quell’agguato, sarebbe stata uccisa Maria Strangio, anche se il vero obiettivo era il marito Giovanni Luca Nirta. (AdnKronos)

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