Reggio Calabria, l’avvocato di Alberto Rito risponde a Klaus Davi: “tante inesattezze,ogni condannato che ha scontato la propria pena ha il diritto di riprendere la propria vita”

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Reggio Calabria, Klaus Davi critica il boom di like su fb per la liberazione di Alberto Rito: risponde l’avvocato

klaus daviNei giorni scorsi abbiamo pubblicato le dichiarazioni del noto massmediologo Klaus Davi che ha criticato il boom di like su facebook al post pubblicato dal figlio del signor Alberto Rito. In merito alle dichiarazioni di Klaus Davi, il legale del signor Rito, avvocato Alessandra R. Nocera, precisa quanto segue:

Nell’articolo viene riportato il commento da parte del massmediologo sig. Klaus Davi in merito ad un post pubblicato dal figlio del sig. Rito Alberto, condannato nell’ambito del procedimento c.d. “Archi-Astrea” e scarcerato dopo avere scontato la pena, sulla propria pagina personale della piattaforma sociale Facebook, che ha ricevuto circa 600 “mi piace” da parte di amici del ragazzo. Lo scrivente accompagna la propria critica ai 600 like ricostruendo una sorta di “biografia criminale” del sig. Rito completamente errata. Infatti, mentre lo scrivente fa riferimento alla circostanza secondo cui Rito “nel 1992 è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, si è reso irreperibile fino al 13 maggio 1993” dimentica poi di portare all’attenzione del lettore la circostanza che per quella contestazione Rito è stato poi “assolto” già all’esito del giudizio di primo grado (Proc. N. 53/92 R.G.N.R.). Ancora nel riferire “un anno dopo, è stato raggiunto una nuova ordinanza, sempre per il reato di 416 bis” dimentica ancora una volta di aggiungere come anche in quel caso Rito abbia poi riportato sentenza di “assoluzione” c.d. “Op. Valanidi”. Se ciò non bastasse il Sig. Davi fa pure riferimento ad una imputazione nell’ambito del procedimento “Olimpia” tacendo ancora una volta come Rito sia stato prosciolto da tale imputazione già in sede di udienza preliminare”. 

“Ma cosa ancora più graprocessove è il riferimento ad una asserita condanna per “detenzione illegale di armi e munizioni” nel processo “Latella + 91” c.d. “Op. Valanidi” nonché il riferimento a “precedenti per gravissimi reati, fra cui oltre all’associazione mafiosa, anche tentato omicidio in concorso, estorsione, furto, rapina”. Trattasi ancora una volta di riferimenti non solo incompleti ma addirittura non veritieri poiché Rito Alberto non solo è stato assolto in appello, con sentenza irrevocabile, dalla condanna inerente le armi, ma è stato anche prosciolto da tutte le altre contestazioni riportate nell’articolo, tra cui il tentato omicidio, questo a dimostrazione della vacuità di quelle accuse che non hanno comportato nemmeno un rinvio a giudizio. Di fatto, l’unica condanna che Rito ha subito è quella relativa al procedimento c.d. “Archi-Astrea”, per reato di concorso in associazione, condanna che lo stesso ha interamente scontato. Ora questa difesa è sempre rispettosa del diritto di cronaca e di critica, quali principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale e della nostra democrazia, ma allo stesso tempo tali diritti non devono sacrificare o ledere la verità, ovvero la libertà e dignità della persona umana. Nello specifico, vale anche la pena di evidenziare come il post pubblicato su FB, oggetto di critica da parte del sig. Davi, sia un post di felicità scritto sulla propria bacheca “personale”, e visibile solo agli “amici”, da parte di un figlio per la liberazione di un padre che ha pagato il proprio debito verso la giustizia, in modo corretto e dignitoso (basta leggere le relazioni dei servizi sociali) e fa ritorno all’affetto dei propri cari. I “mi piace” tanto criticati nell’articolo, e considerati quale “entusiasmo in città”, altro non sono che condivisione della gioia di un figlio che è stato lontano dal padre per diversi anni, da parte di quelli che sono “amici” del ragazzo, nulla di più, niente di diverso. Ogni condannato che abbia scontato la propria pena, ha il diritto di riprendere la propria vita con i propri affetti senza subire attacchi mediatici una volta rimesso in libertà.

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