Reggio Calabria, una lettrice a StrettoWeb: “la città è morta sepolta dai suoi cittadini e dalla politica della svolta”

StrettoWeb

Di seguito la lettera integrale di una lettrice di StrettoWeb, Francesca Ripepi, sulla città di Reggio Calabria:

Avere  50 anni e aver perso le speranze di vivere in una città dove civiltà, rispetto, fiducia, trasparenza, legalità, giustizia, ascolto, condivisione possano rivivere. Ce lo siamo sempre detti mio marito ed io: Reggio è la città giusta dove far crescere i nostri figli. Ma era 20 anni fa quando quell’oggi odiato modello Reggio  ci dava speranza e voglia di vivere e lavorare. Oggi le assenti idee di un’amministrazione giovane che doveva far rinascere Reggio Calabria ad una nuova primavera mi spaventano. Se i giovani si approcciano alla politica senza cultura, idea, conoscenza amministrativa allora Dio è morto. Resto incredula e, passatemi il termine, schifiata dalla mole di cavolate che questi pseudo politicanti arroganti permeati da ignoranza e presi da se stessi manifestano in ogni loro atto. Se questa è la politica e la pubblica amministrazione allora che mi sento qualificata a candidarmi a futuro sindaco di questa città. La città ha bisogno di dialogo e di confronto ma da Palazzo San Giorgio nessuno risponde e questo fa male fa rabbia. Avete avuto le chiavi di palazzo su mandato popolare ma non siete padroni della città e delle nostre vite. Siamo tutti ostaggio di uomini incapaci e negati al confronto che ci usano a loro uso e consumo. Il loro percorso politico/amministrativo non è votato alla città comune e alla città metropolitana ma bensì ad altro e questo è ormai chiaro. Da consiglieri comunali avete speso le vostre energie nei primi due anni di mandato per lavorare  alla campagna elettorale propedeutica alla elezione come consiglieri metropolitani e spenderete gli ultimi anni per costruire la campagna elettorale sia per le future elezioni politiche che per le future elezioni regionali. L’interesse per questa città non esiste e lo si vede quotidianamente. Un sindaco attento diventa padrone della sua città calpestandone le strade, fermandosi a colloquiare con le gente. Umile in mezzo agli umili, uditore di chi ha da dire, senza paure e senza timori. Non è nella solitaria  torre d’avorio nella quale si ostina a essere prigioniero che troverà risposte e soluzioni. Ma dal dialogo con la gente se gente si può definire chi odia manifestamente questa città mettendo in campo azioni di disprezzoedistruzione.  Le speranze sono ormai sotterrate di veder rinascere Reggio Calabria e non basteranno le 15.000 visite al museo a farci tornare ad essere orgogliosi di essere reggini. Il putridume regna negli uffici dove arroganti dipendenti credono di usare la cosa pubblica a loro uso e consumo, dove i dirigenti la fanno da padroni e dove le figure apicali, pur consapevoli dell’andazzo indegno del girone ottavo dell’inferno,  voltano la testa o peggio ancora si assoggettano. Reggio è morta sepolta dai suoi cittadini e dalla politica della svolta.

 

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